Follow:
Missouri, USA

Un giorno a St.Louis, Missouri

IMG_6958St Louis è una città in cui fermarsi, per una serie di motivi  che potrebbe essere pressoché infinita, ma capitanata decisamente da uno: la frozen custard di Ted Dewres, un gelato (non è proprio gelato, è più pesante!) così buono e cremoso che ancora me lo sogno di notte.

Ma partiamo dall’inizio.

St Louis è una città indipendente del Missouri, (cioè non risponde a nessuna contea ma solo allo stato)  lo stato in cui sono stati inventati il cono gelato (1904), il the freddo (anche se non so bene come si possa “inventare” una cosa che prima è semplicemente calda!), la 7-up (la concorrente della Sprite) e soprattutto il burro di noccioline (ho trovato informazioni che dicevano “inventato” altri riportavano la dicitura “scoperto”…) ed è il posto in cui il consumo pro capite di salsa BBQ è più alto che in qualsiasi altra città americana. Quindi sì, a St Louis, è un posto in cui fermarsi a mangiare bene e tanto.

Appena arrivati io ho imposto che si andasse a mangiare lontano da BBQ e da posti in cui potessero servirmi costine o carne in generale, e ho scelto (come mio solito), un ristorante vietnamita. Il Pho Grand è decisamente buono e davvero vietnamita, visto che il profumo del pho mi ha quasi commossa e il conto era sulla stessa lunghezza d’onda. Economico e buono. Self five per me!

Ma la cena in realtà era tutta una preparazione al gran finale della giornata: la tanto attesa frozen custard di Ted Drewes, celebre per essere nella punta finale della Route 66 ed avere la fama di miglior frozen custard EVER.Ted-Drewes

Effettivamente è divina. Io – per stare leggera – ho optato per butterscotch con pezzi di noci pecan. Te lo danno in un bicchiere della bibita, ancora più cremoso di quando fai la pappetta col gelato un po’ molle. Cremoso, dolce, denso. Da impazzire. Ne abbiamo provato un altro. E io avrei passato la serata lì.

La mattina dopo, anche  se era sabato e quindi tradotto significa “giornata in cui tutti i genitori con bambini si muovono da casa”, abbiamo scelto di fare una tappa allo Zoo visto che è-incredibilmente- gratuito.

Ovvio, poi paghi un gelato il costo di una cena di pesce, però se non consumi nulla e non ti convincono a comprare un peluche a forma di koala ad ogni passo… E’ comunque un’attività a costo zero!10625035_10153298772988327_231789837400963257_n

10252067_10153298774798327_5330023289194796765_n20140809_112655Lo zoo è bellissimo e gli animali sembrano davvero tenuti bene.Ecco, magari la parte sulle bestioline che vivono in casa con te e che ti ricordano “che non sei solo in casa” me la sarei evitata: almeno per non continuare ad alimentare le mie fobie.

Lo zoo è di per sè enorme ed è inserito in un gigantesco e ricchissimo parco chiamato Forest Park che, tanto per capirci, è più grande di Central Park di ben 2 chilometri quadrati. E’ stato aperto nel 1876 e si mantiene alla grande, e ovviamente ci si potrebbero passare intere giornate dato che al suo interno si trovano tantissime attrazioni come il museo d’Arte di St.Louis, quello delle scienze (con Planetario), un teatro all’aperto (The Muny), un museo di storia del Missouri, un campo da Golf, tennis, noleggio biciclette e … Ovviamente tantissimi punti di ristoro. Tappa decisamente imperdibile.

Ma visto che avevamo una singola giornata per visitare la città abbiamo dedicato pochissimo tempo al parco, ci siamo rimessi in macchina decisi a girare a zonzo per la città e respirarne almeno un po’, la piacevole aria da cittadina americana. Perché è questo che mi è piaciuto tantissimo della città: anche se ha più di 300.000 abitanti ha in buona parte ancora quell’aria da paese “un po’ troppo allargato”.

Giriamo per quartieri residenziali e decidiamo di fare due tappe insolite: ci fermiamo a mangiare una pizza in uno dei tanti punti vendita di Imo’s, celebre catena conosciuta per la famosa Thin Crust pizza, tipica della città. Le caratteristiche? Crosta sottile e non lievitata (a differenza della Deep dish di Chicago o quella di New York, sottile ma con il lievito… E che decisamente assomiglia a quella che noi chiamiamo pizza) e guarnita con qualsiasi cosa un pizzaiolo trovi nel frigorifero oltre ad un formaggio – Provel – al posto della mozzarella (per curiosità, googolatelo).

thin crust pizza di Imo's

Allora, io non sono napoletana a e quindi di pizza ne so nei termini di una persona nordica che mangerebbe questo piatto per colazione pranzo e cena per il resto dei suoi giorni. Ma questa non è pizza. Proprio è quanto di più lontano esista dal piatto italiano. Oltre al fatto che il formaggio si attacca violentemente ai denti e serve uno scalpello per levarselo. La base di pasta è, in realtà, solo un supporto per un carico eccessivo di condimenti pesantissimi. Bocciata, tristemente.

La prima pizza che ho mangiato negli States (sì, giuro, la prima mai mangiata in 100 giorni!) era assolutamente, terribile.

Riprendiamo la macchina e facciamo un giretto sulla “Hill”, la collina riservata alla Little Italy della città: decisamente nulla di che… A parte che le strade disastrate mi facevano sentire decisamente a casa.

Con una dose extra di cipolla non richiesta abbiamo girato la macchina verso una delle attrazioni imperdibili per gli amanti della birra e non: la fabbrica della Budwiser.La fabbrica dall'esterno...

e all'interno! 20140809_152548 20140809_151315La Anheuser-Busch è una gigantesca, enorme, incredibile macchina che funziona a ciclo continuo: un’organizzazione del genere l’ho vista solo nella casa – museo di Elvis, Graceland. Tu entri, ti danno il biglietto del colore del tour, ti chiamano, ti portano nelle stalle dei cavalli (ok, questa parte non l’ho capita), giretto nella fabbrica, documentario e via.. A ciclo continuo, gentili ragazze ti spiegano tutto e ti portano dove potrai scegliere che birra degustare.  La tua esperienza nella celebre birreria è offerta per soli 10$.

E’ enorme, un’industria pazzesca e tutto è programmato maniacalmente al secondo. Affascinante.

Per il pomeriggio ci siamo tenuti lui, il pezzo da 90, il simbolo della città: Il Gateaway Arch.10628009_10153301229653327_3859932667669768744_n

Chiamato anche Gateway to the west, è il più alto monumento dell’emisfero settentrionale, e ai miei occhi il fato più stupefacente è che sia stato costruito tra il 1963 e il 1965, anche se sembra davvero modernissimo. E’stupendo, soprattutto al tramonto.

La domanda è, salire o non salire?

No, non salite. Non fatelo. State giù guardatelo dal basso e immaginate quanto potrebbe essere bello salire e vedere tutto dall’alto. Non salite realmente, fatelo con l’immaginazione.

Adesso vi spiego perché.

Partite dal presupposto che viaggio con un ingegnere. Uno che mi porta a vedere, ponti e dighe e sospira e che è quasi riuscito a affascinarmi totalmente (ho detto quasi eh!) che l’architettura di alcune case è meravigliosamente bella.

Tradotto significa che la discussione non è nemmeno stata aperta: si sale.

Ma non è così semplice. C’è il biglietto per salire abbinato ad un film su Lewis & Clark – i due famosi esploratori – oppure un pallosissimo documentario (ovviamente girato negli anni ’60) sulla costruzione passo a passo di questa splendida struttura. PASSO  DOPO PASSO. Una noia mortale con il ritmo brillante della Corazzata Potëmkin. Gianni, ovviamente, era entusiasta. E così sono passati 40 minuti. Io almeno li ho trascorsi dormendo beatamente… per una buona parte. Abbiamo poi aspettato gironzolando per il museo del Visitor Center, decisamente grande ma… Non abbastanza grande per occupare un’ora intera. E poi, con molta molta calma ci siamo messi in fila per la salita nell’orario scritto sul biglietto. Una lunga, lunghissima coda in cui l’unica attrazione divertente in un’ora di attesa (oltre alle disegnatissime unghie della ragazza che ci metteva in fila) è stato vedere un signore che assomigliava tantissimo a mio padre, ma in versione Hippie.

Dall’ingresso al visitor center al momento in cui abbiamo appoggiato il sedere nella cabinovia che porta in  cima sono passate esattamente 2 lunghissime ore.

La salita corrisponde più o meno a questo.

Ti metti in fila su in quattro per gradone e sia aprono le porte di queste minuscole gabbiette di ferro (ovviamente senza finestre) e tu ti devi infilare dentro. Non conta se siete quattro rugbysti o 4 nani, tu ci devi stare. Ho capito cosa prova il mio piumone quando a tutti i costi cerco di farlo entrare in lavatrice.

E poi si chiudono le porte in maniera sinistra, con un “clangk!” assordante. Comincia la salita. Tre lunghi minuti di rumori agghiaccianti.

Ovviamente essendo una costruzione del 1965, al tempo, non avevano grandi tecnologie, e la cosa più pratica era, evidentemente, una cerniera e una catena (tipo bicicletta per intenderci) e una salita a scatti in cui, anche se non sei claustrofobico, ti manca l’aria.

E poi dici: “ ho fatto due ore di coda, ho dovuto godere dell’ascella di una famiglia di indiani, sono stata rinchiusa qua dentro… Beh, il premio sarà super!”

20140809_195559

foto fatta con il cellulare..

E invece… Arrivi in alto e ci sono queste piccole finestrine, da cui si vede poco, perché, ovviamente, non sono un granchè pulite. Gente che si fa selfie con entusiasmo e io che mi chiedo se saranno soddisfatti di questa parete sullo sfondo.foto con fatta con macchina fotografica... e "aiutino" di Lightroom

Noi abbiamo beccato un tramonto decente e, ammettiamolo, la vista sulla città è stupefacente (se non c’è foschia). Ma non ne vale la pena se avete poco tempo… Ho avuto la netta sensazione che avremmo potuto impiegare il tempo in tutt’altro modo.

Non salite. State sotto, godetevi la meraviglia, toglietevi le scarpe nel parco e godete del tramonto, respirate a fondo.

St. Louis è bella, dedicatele tempo.

Share:
Previous Post Next Post

You may also like

4 Comments

  • Reply dueingiro.blogspot.it

    Bhè dai!! Ma le foto dall’alto sono davvero carineeee!! Secondo me le valeva tutte ;-)!

    8 Gennaio 2015 at 12:38
    • Reply Paola Annoni

      la magia del Photoshop! Le ho messe entrambe per far vedere che…mmh… no, non ne vale la pena ahahha. 🙂 St Louis, decisamente si! 🙂

      15 Gennaio 2015 at 11:39
  • Reply Cristina-Crinviaggio

    Beh come non sorridere in fatto di ingegneri e di visite a dighe e ponti ecc…chissà come mai mi ci rivedo :)! Paola mi è venuta voglia in ordine di: cibo vietnamita, di quel gelato che ora senza averlo assaggiato me lo sognerò anch’io di notte…e di St. Louis :)!
    Kiss
    Cri

    12 Gennaio 2015 at 15:39
    • Reply Paola Annoni

      TI ho pensata durante quel noiosissimo documentario anni ’60! 🙂 Ecco, adesso ho voglia anche io della frozen custard , andiamo? 🙂 baci

      15 Gennaio 2015 at 11:40

    Leave a Reply