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California, USA

Summer of Love: viaggio nella storia e a Haight Ashbury, San Francisco

Non mi piacciono gli hippie. Putroppo (per loro) ho sempre aggiunto alla definizione di hippie le due paroline “del cazzo”, quasi come fosse un cognome, che deve andare di pari passo.
Non mi piacciono gli hippie ma sono follemente affascinata da tutto quello che è successo negli anni ’60 e ’70, da Woodstock, alla Summer of Love alla musica di quegli anni (la mia playlist è così antimoderna che rasenta il “ma stai scherzando?”). E così, mi leggo biografie cercando riferimenti su internet di facce e mettendo nelle orecchie la colonna sonora citata.
Poi amo San Francisco. Ve l’avevo detto vero? Forse quelle 90 mila volte. Andare a caccia di pezzi di storia lungo Haight-Ashbury mi rende sempre felice come una bambina dal gelataio (soprattutto se è Ben&Jerry’s, i due hippie che sono partiti proprio da lì a costruire un impero del gelato… Buonissimo, e la fabbrica è uno spasso!).

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Infatti il mio itinerario su San Francisco nella guida Viaggiautori comincia proprio da qui, da HaightAshbury  e dalla gelateria dai coni costosi e i gusti strambi. [per la cronaca, Ben & Jerry’s
QUindi ho cercato di mettere insieme tutto quello che ho trovato ultimamente, per raccontare la Summer Of Love, quella vera, con tanto di colonna sonora.
Non scrivo di musica, quindi potrete bacchettarmi e correggermi finchè volete e io accetterò di buon grado, ma qui trovate tutti i miei consigli per capirci qualcosa, emozionarvi un po’, rivivere quell’atmosfera. Una sorta di mappa.http-a.amz.mshcdn.comwp-contentuploads201505Summer

Prima di tutto, non scrivo di musica, quindi siate clementi.

Mi sono riappassionata a questa epoca grazie all’anniversiario della Summer of Love, un concerto dei Rolling Stones e un buon maestro d’ascolto, così mi sono messa a leggere tutto quello che mi capitava sulla musica, con una buona dose di Janis Joplin nelle orecchie.
Tra i libri, uno su tutti, il libro di Pamela de Barres, Io sto con la Band, che racconta il fermento di quegli anni raccontato dalla voce diretta della groupie più famosa della storia. Fermento musicale e non solo. E’ quasi impossibile da trovare di carta, ma online si trova, e io ADORO il suo essere cruda e allo stesso tempo tremendamente naif. La San Francisco del 1967 era così:
“Tornammo laggiù con qualche altro elsporatore di Los Angeles e andammo direttamente ad Haight – Ashbury per vedere che aria tirava. Ero tanto eccitata dal fatto di ritrovarmi in un ambiente nuovo e in un luogo in cui era stato ricreato il concetto del “Peace and Love” quanto costernata dal look hippy. Le ragazze avevano capelli lunghi e secchi con tante doppie punte e si mettevano lunghi vestiti a sacco da contadine e scialli. Il trucco era un tabù, ma anche il look naturale era troppo naturale per me e io mi portavo sempre dietro il mio lucidalabbra. I ragazzi sembravano un po’ meglio: portavano tutti quanti i jeans, così perlomeno riuscivi a vedere la forma del culo. Le ragazze la facevano sempre franca, nascndendo i loro peccati sotto chilometri di stoffa, ma la sensazione di essere un tutt’uno pervadeva l’aria e anche io mi fusi con la coscienza di massa come se fossi stata partorita nella Clinica della Libertà.
Il e Linda Facevano avanti e indietro, su e giù, passavamo voce che stavamo cercando una comune. Sembrava che tutti stessero chiedendo l’elemosina a tutti, per cui chiedemmo ad un tizio occhialuto e foruncoloso se aveva qualche spicciolo, tanto per vedere com’era. Fu un’incredibile fortuna che scegliemmo proprio quel tizio perchè ci chiese di andare nella sua comune, la Kerista House e condividere la cena con la “Famiglia”.
La vita in una comune per come mel’ero immaginata io era tutta un’altra storia rispetto a ciò che mi accolse dopo il nostro viaggio dall’altra parte del ponte verso Oakland. Nel soggiorno c’erano sei o sette materassi puzzolenti e senza lenzuola e un paio di sedie sfasciate, e la gente si aggirava oziosamente , con addosso coperte indiane dipinte a mano che sarebbero state meglio sopra i letti. Appesi alle pareti scrostate c’erano vari poster sgualciti della Avalon Ballroom e del Fillmore, che annunciavano grandiosi eventi come il concerto dei Quicksilver Messanger Service o quello degli Strawbertty Alarm Clock. Le ragazze ci rivolgevano sorrisi sereni e saccenti e i ragazzi ci guardavano dalla testa ai piedi esattamente come fanno tutti i ragazzi normali di Los Angeles, e la cosa era super sconcertante: pensavo ci potesse essere un altro livello di comunicazione nella terra del Peace and love.
Gli ascigamani del bagno sembravano scarti dell’esercito della salvezza e di sicuro c’erano passati sopra tutti i piedi della Kerista House. Cercai di evitare i piccoli mucchi di peli pubici che ornavano il lavandino un tempo bianco e di concetrarmi sul vero significato di vivere in una comune. Questa gente aveva cose a cui pensare ben più profonde di Mr Clear e di Spic and Span.
Dopo il nostro pasto a base di riso integrale appiccicoso e di verdura puzzolente ormai vecchia, che consumai con una gioiosa manifestazione di vibrazioni positive, non vedevo l’ora di tornare a Haight Ashbury a godermi la vita notturna.”

La cover storica di "I'm with the band"

La cover storica di “I’m with the band”

Pamela des Barres con la Figlia di Frank Zappa

Pamela des Barres con la Figlia di Frank Zappa

Poca poesia rispetto alla questione, vero?
“Haight- Hashbury aveva l’odore di un bastoncino di incenso grande come una sequoia, mentre mi inoltravo in quel selvaggio ammasso di pacifica umanità. L’aria era così dolciastra e appicicaticcia che sapevo che se mi fosse capitato di toccare qualcuno o qualcosa ci sarei rimsta appiccicata come una gomma da masticare sulla suola dei miei sandali con i tacchi alti.”

Questo solo uno spaccato per raccontare il quartiere più hippie ed affascinante di San Francisco.
Ma cosa resta oggi? Girare per il quartiere ti mette nel cuore quell’aria malinconica e retrò, quel pizzico di amarezza per non essere stata una diciassettenne califoniana negli anni ’70, e puoi solo andare a caccia di quei luoghi del cuore che rivivi per un attimo, e immagini com’erano quelle strade, quella gente, e ti rendi conto che incontrare Frank Zappa non era poi una cosa così strana.
La zona è definita dai local “the Height”, brilla per case vittoriane eleganti e abitanti dall’animo inquieto. Il quartiere – abbandonato nella prima metà del 1900 (era una zona brutta) –  è tornato ad essere teatro assoluto della scena anni ’60 e ’70.
Volete un piccolo itinerario con le tappe imperdibili?
Cominciate con la visita della culla della Summer of love dal celebre incrocio tra Ashbury street e Haight Street, magari godendovi un gelato nello storico shop della catena di Ben&Jerry’s: sarà difficile scegliere tra gli strambi gusti proposti: l’unico limite alla gola è senza dubbio il prezzo, che è decisamente poco hippie e popolare (per stare in tema, prendete una pallina di Cherry Garcia, gelato dedicato al famoso cantante dei Grateful Dead).
Perdetevi tra i negozi vintage, le curiosità, i tipi stravaganti che popolano le strade: andate a caccia delle case dei più famosi artisti che vivevano qui. Sembra incredibile, ma in quegli anni potevate ritrovarvi ad ascoltare Jimi Hendrix strimpellare sui gradini di casa.
Ecco le case più famose dentro cui sbirciare e davanti alle quali fare una foto ricordo che in pochi capiranno. Sono tutte vicine a “Shakedown Street”, come amavano chiamare la zona i Grateful Dead:
– 1524 Haight St (prima di girare su Ashbury) trovate il vecchio appartamento di Jimi Hendrix (sopra lo shop dei tabacchi)
– 710 di Ashbury Street: Grateful Dead
– 719 di Ashbury Street: The Hells Angels
– 32 Delmar St: Sid Vicious (casa in cui è quasi morto di overdose dopo l’ultimo show dei Sex Pistols)
– 112 Lyons St. – Janis Joplin House (nell’edificio grigio il primo appartamento a destra)1-LBjf9wZBZDvJL2NZURlYrw

Non perdevi la passeggiata che vi porta a Alamo Square (a nord di Lower Haight e a est di Panhandle), dove si trovano le celebri “painted Ladies” (precisamente Steiner St) e fate due passi dentro il parco – collina: un angolo di splendida vita locale, un panorama romanticamente cittadino in cui vi ritroverete a condividere il prato con pittori, gente che si appisola o cani portati a passeggio.

Se siete appassionati di musica (se state leggendo questo articolo direi di sì!), fate tappa da Amoeba, un negozio di musica decisamente storico.
SE volete vedere un bellissimo spaccato di San Francisco in quegli anni vi consiglio di guardare due documetari: il primo, dedicato alla mia (ora) amata Janis Joplin, intitolato “Janis Little Girl Blue“, è del 2015, il l’ho guardato su Netflix mentre ero all’estero, ma diciamo che online si trova. E’ bellissimo, racconta la sua storia con una San Francisco sullo sfondo, filmati storici che raccontano una cultura pulsante ed un mondo in evoluzione.
Era una ragazza bruttarella e bullizzata, con una voce che ti rastrellava l’anima. Beveva (tanto Southern Confort (un mix dolciastro di whiskey, arancia, vaniglia e derivati di cannella) si drogava (troppo) e faceva sesso con troppe persone (pare sia finita in ospedale dopo essere andata a letto con una squadra di football), amava tantissimo e voleva troppo amore.

foto di Jim Marshall

foto di Jim Marshall

Tra le sue conquiste c’è un celebre Leonard Cohen (ha scritto una canzone per lei, Chelsea Hotel #2 ed è curioso che racconti che quando è stato con lei, subito si è spacciato per Kris Kristofferson), ma mancano Bruce Springsteen (lei cercava di acchiapparlo, lui, giovane, si nascondeva) e Jim Morrison, che le stava sulle palle, e a cui lei ha tirato una bottiglia di whiskey in testa… E lui si è innamorato così.
Mi è sempre stata antipatica “a pelle”, poi ho visto il documentario e ho cominciato ad ascoltare diversamente la sua musica e me ne sono follemente innamorata.
L’altro documentario, senza ombra di dubbio, è The Sunshine Maker (questo c’è!): la storia di due ragazzi Nicholas Sand e Tim Scully che con obbiettivi alti di “liberare la mente, un mondo senza guerre e bla bla bla” si sono messi a fare (e spacciare, ma con il cuore) LSD a tutta la zona, con il grande sostegno di un tale ereditiere Billy Hitchcok che amava fare salotto e farsi di acidi. Un documentario che si astiene da giudizi, ben fatto, che racconta un mondo che difficilmente è appartenuto a qualcuno di noi.
Tanto per capire che aria tirava: lo scrittore Ken Kesey (forse così il nome non vi dice nulla, ma è l’autore del celebre libro “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, reso famoso dalla trasposizione cinematografica con un epico Jack Nicholson), era molto amico del chimico Timothy Leary, e acquistò un pulmino, lo dipinse con tinte e disegni psichedelici, per girare per la West coast regalando acidi qua e là.
Girava tanta roba insomma.Il "Further", il van per gli "Acid Test"

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Ma quando è cominciata la Summer of Love?
Nella primavera del ’67 San Francisco viene presentata in radio e in tv come luogo di frizzante controcultura, protesta spiritualità e scena musicale, così in pochissimo tempo diventa meta di pellegrinaggi e “invasioni” di hippie.
L’inizio “ufficiale” è stato decretato dal Monterey Pop Festival, a cui parteciparono artisti come Janis Joplin (salita sul palco con i Big Brother and the Holding Company, non come solita, ma non per questo venne oscurata la sua performance), ma furono lasciati fuori i Doors (eh? Perchè?), i Byrds, salirono sul palco Simon & Garfunkel con la loro The sound of Silence direttamente da New York e la gente a quel festival potè godere della meravigliosa voce di Otis Redding (sarebbe morto poi nel dicembre di quell’anno) e il gruppo del momento, osannato da tutti, erano i Jefferson Airplane.
Ovviamente non mancarono i Grateful Dead (i più hippie e portatori della ventata di follia psichedelica ad Haight Hasbury) e un tocco inglese con i The Who e Jimi Hendrix experience, che ovviamente spaccarono tutto sul palco, chitarre incluse.


[su youtube comunque si trova praticamente tutto il concerto, se dovesse interessarvi tantissimo]

Il festival è stata la scintilla di una scena musicale già bollente, la celebre canzone “If you are going to San Francisco be sure to have some flower in your hair”, scritta dal John Phillips cantante dei The Mamas & the Papas e cantata da Scott McKenzie per raccogliere fondi per il festival è rimasta inno della città, praticamente fino ad oggi.

“se stai andando a San Francisco assicurati di metterti dei fiori tra I capelli/ se stai andando a San Francisco stai per incontrare brava gente laggiù/ per quelli che vengono a San Francisco, l’estate sarà incantevole …/ attraverso la nazione, una strana vibrazione/ gente in movimento, c’è un intera generazione con una nuova spiegazione…), in cui i Grateful Dead e I Jefferson Airplane erano le divinità assolute, oltre al fatto che erano appena atterrati negli USA anche i Beatles (già famosi, ma mai arrivati fisicamente in America).
I gruppi erano infiniti, i concerti ad ogni angolo e ad ogni ora, in quel contesto è nata la celebre rivista Rolling stone. Non si sono resi conto, tra una canna e un’acido di aver segnato per sempre la storia.
Sono innamorata di San Francisco, della sua storia, dell’anima che si porta dietro. E non puoi non amarla se non ami anche questo pezzo di storia, la sua Summer of Love.
Anche se era piena di hippie.

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2 Comments

  • Reply Marco

    Bello l’articolo… pero’ di tristezza a San Francisco io ne ho avuto tanta…
    Praticamente non esiste piu’ nulla, nemmeno il vintage, di quegli anni. Il quartierino con le case vittoriane, ok… e poi? Amoeba sembra un magazzino di seconda mano di scarpe usate, nessun locale storico, nessun angolo che valorizzi e ricordi veramente quegli anni. A parte qualche barbone stonato che canta in mezzo alla strada, manco l’ombra di un piccolo angolo cool anni ’70.
    Gli americani non sanno nemmeno valorizzare quel poco di storia che hanno, persino Alcatraz ti dice qualcosa di piu’…
    mah… sarà stata forse la delusione…

    30 Ottobre 2017 at 16:31
    • Reply Paola Annoni

      Purtroppo in una città come San Francisco dove tutto va a mille, sempre e di continuo, i pezzi si perdono per strada. Poi fanno i revival come quest’anno, dimenticandosi però che forse è meglio conservare che ricostruire e riempire di fiori da hippie… Peccato 🙂 Ma un po’ di angolini storici ci sono dai, o dici che è solo il mio amore per Frisco che parla? 😀

      24 Novembre 2017 at 12:04

    Rispondi a Marco Cancel Reply