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Louisiana, USA, Viaggi

“From the shotgun shack to the Superdome…” New Orleans

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E poi, New Orleans.

Non so bene che idea mi ero fatta della città. Più che altro ero piena di sensazioni, emozioni. Nella mia testa è colore: colori diversi di pelli che si mischiano, colori del carnevale, la musica. E’ Jazz, è gospel, è passione. E’ tragedia.

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Si perchè le immagini di Katrina, di quelle persone sui tetti che tendono le braccia e chiedono aiuto, le scritte di SOS, gli accampati nel Superdome, le luci di Bourbon street, gli streetcar, i battelli storici carichi di donne e alcool che hanno reso NO la “città del peccato”… e poi il cibo, così diverso dal resto degli States, il Cafè du Monde, quel tocco romantico di ferro battuto nelle ringhiere delle case, quel Mississippi che è amore e dolore per la città, i segni di quell’acqua alta che adesso si trovano solo se cercati, in quelle case popolari un po’ lontano dalle vie piene di magliette con le scritte più assurde, dalle strade in cui si riversano gruppi di turisti mangia e sputa, che guardano, scivolano e non si riempiono i polmoni di quell’aria. Di quella gente. Sa di Francia, sa di America, sa di cultura afroamericana, è chic, è proletaria.

314160_10151398818718327_1170786266_nE’ passato del tempo e sono felice di essere qui a scrivere adesso, quando la città è passata da emozione a fibra muscolare e come un flashback rapido chiudo gli occhi e questa è New Orleans.

Allora, non accetto contestazioni: a Le Croissant D’Or non si mangia il miglior croissant della città, punto. Ma non è nemmeno neanche un gran croissant. E poi non sono particolarmente gentili. No guarda. Non ci siamo. Nel cuore del quartiere francese la pasticceria vende brioches, croissant e altri dolci vari. Ripeto, non discutiamone, non ci siamo.

Caldo. In città fa un caldo non sopportabile, è troppo anche per me. Soffoca. I movimenti sono rallentati, Il sole  è offuscato dalla cappa di calore inumano, non sai dove scappare. E poi la sera piove. Un temporale estivo che dura ore, che è una rottura di palle quando vuoi andarti a vedere Bourbon Street, ma che riesce a diventare poesia per come illumina la città. E’ la pioggia purificatrice del Manzoni, è la pioggia viva di D’Annunzio. Sono stata ad aspettare il mio principe (in quel caso lo è stato perchè si è fatto un km correndo sotto la pioggia battente per andare a recuperare la macchina… avrei corso anche io se non fosse che ero la protettrice delle due reflex che già sono state un sostitutivo, se poi le sputtaniamo pure sotto l’acqua… ma torniamo alla poesia) sotto una tettoia, e ho guardato la gente, madida e comunque allegra, che correva, che si rovesciava addosso cappelli pieni d’acqua, che si godeva la pioggia come dovrebbe essere sempre fatto d’estate. Chiaro, se quella pioggia si porta dietro un’uragano perde poesia ed è il caso di correre rapidamente almeno nello stato del Texas, ma in quel momento, beh, è stato davvero magico.

Un posto in cui rinfrescarsi sia il corpo che le idee su quanto gli americani possono essere patriottici e poco oggettivi sulla realtà dei fatti è un posto davvero fighissimo, soprattutto per gli appassionati di storia: il museo della seconda guerra mondiale.

Per mancanza di tempo e per ridurre le spese (il biglietto cumulativo del museo e dello spettacolo/film in 4D costa la bellezza di 27 dollaroni che noi abbiamo preferito investire in seguito in libri…) ci siamo goduti solo il film in 4D, presentato nientepopodimeno che da Tom Hanks (che si sa, con ‘ste cose di guerra ci va a nozze avendo prodotto anche “bands of brothers”, che consiglio vivamente). Beyond All Boundaries è il racconto della guerra vista dai loro occhi, da Pearl Harbour alla liberazione degli italiani, con tanto di cannoni, effetti speciali e fiocchi di neve che piove sulla testa degli spettatori.  Chi legge qui si sta aspettando un giudizio, un parere, un opinione che potrebbe fargli scegliere o non scegliere di andare… quello che penso io è… Andateci! Davvero, merita. Avrei da fare un decina di appunti sulla storia (riescono a parlare dell’Italia senza mai citare Mussolini: curioso perchè mi sembra che quel cicciottello pelatone abbia avuto un ruolo abbastanza importante riguardo alla guerra!) e su quanto riguarda il ruolo di quei poveri ragazzoni americani che portavano la pace (chiediamo a un paio di tipi di Hiroshima?) ma è veramente bello e ben fatto. Ed è curioso anche vedere come vedono loro la storia.217799_10151400182578327_1849905150_n

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A NOLA, poi, si passeggia. Si passeggia per il quartiere francese, in cui le case hanno il tocco romantico che “fa molto Francia” in ferro battuto e ti lascia quella strana sensazione di “retrò”, di sogno, di belle Epoque. E si passeggia davanti alla St. Louis Cathedral e si rimane prima perplessi dalla strana forma squadrata, che ricorda un palazzo o una scuola, e poi rimani estasiato dalla bellezza del bianco che si appoggia sul blu del cielo che combatte col verde del giardino di fronte  Nella piazzetta davanti alla cattedrale siamo passati davanti a un senzatetto che leggeva il futuro nelle mani e nelle carte e in qualche modo una casa ce l’aveva: la mattina “si scartava” e la sera si “reincartava” nelle tende miste a fogli di giornale che formavano una specie di tendone da circo intorno a quest’uomo immobile, enorme e strambo, che passando di lì ti fissava, senza abbassare lo sguardo un attimo. E poi al tramonto si passeggia lungo il Mississippi,  il grande fiume che taglia verticalmente gli Stati Uniti e che che per la città è vita e tragedia. Picnic sulle sponde del fiume, suonatori.

10450_10151400578823327_1492862984_nE poi ti capita che vedi passare una banda infinita di ragazzini con strumenti musicali più grandi di loro, perchè a NOLA è jazz è ad ogni angolo e la musica è nell’aria. Suonatori di strada, suonatori nel locali. La città è più viva che mai.

Ho scoperto  Barnes & Noble, ho comprato un libro di cucina indiana e riso fino alle lacrime sfogliando “cake wrecks” e parlato per un’ora con una commessa di quanto parlino strano i Texani oltre che de “La fabbrica di cioccolato”, ma questi sono dettagli.

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Andando oltre ogni regola abbiamo mangiato in un locale a caso, chiuso dietro un portone e una vetrina oscurata, ma qualcuno ha aperto la porta e io ho incrociato lo sguardo baffuto e sereno di un signore seduto a un tavolo, mi ha sorriso e mi ha invitata ad entrare. E a volte, così, non si sbaglia. Pollo fritto, bevande e contorno. 7 Dollari. E il rammarico di non essermi segnata il nome di quella specie di gastronomia, piena zeppa di lavoratori che si prendevano il cibo take away o si sedevano nei tavoli  accanto a noi. Vietate le foto, chissà perchè. Ma quel pollo e quei cookie alle noci di macadamia sono rimaste più impresse di qualsiasi altra fotografia, un po’ nel cuore, un po’ sui fianchi. Il signore sorrideva, annuiva. Buono.

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New Orleans mi ha lasciato quella sensazione che era riuscita a invocarmi Austin, quella voglia di restare, di conoscere, di vedere le stagioni cambiare e rendermi conto che non cambia niente. E’ una strana città, pulsante ma immobile, tradizione radicata, cibi antichi e la voglia di non fermarsi mai, continuare ad andare avanti, costruendo, palazzi ipermoderni, orgogliosi del loro Superdome e dei loro localini dove sedersi al bancone e farsi una birra raccontando tutto a una barista dai capelli rossi.

Ho voglia di tornarci.

E comunque si, il cafè du monde è per turisti (e si dice che il cafè au lait non sia poi così buono).

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5 Comments

  • Reply alice

    indimenticabile NOLA

    29 Luglio 2014 at 21:11
    • Reply Paola_scusateiovado

      Anche per me… Io l’ho vista poco e male ma mi è rimasta nel cuore. Ha un fascino caldo e ti tocca delle corde che non ti so spiegare… Anche tu stessa sensazione? 🙂

      2 Agosto 2014 at 5:48
  • Reply alice

    Io ci ho vissuto un anno, ma non ho avuto il tempo di vederla tutta come avrei sperato. E mi manca, nonostante tutto. Ah, la prossima volta vai a Cafè Royal per i beignet. Non è da turisti 😉

    2 Agosto 2014 at 14:04
  • Rispondi a alice Cancel Reply