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Hawaii, USA - MI

Hawaii, Big Island: Hilo e il Kilauea National Park. Un mondo di lava

Il primo impatto con Big Island non è stato dei migliori.

Siamo atterrati ad Hilo, l’aeroporto ad est dell’isola (l’altro è a Kona), dopo un giorno di pioggia intensa ad Oahu, abbiamo volato in mezzo alla pioggia e siamo atterrati in mezzo ad un tentativo di diluvio universale.

La signora hawaiana accanto a Dario e Francesca ha chiesto perché stavano andando a Hilo. Come perchè?

Siamo andati a ritirare la macchina al noleggio davanti all’aeroporto: la ragazza perplessa ci ha detto “secondo me la macchina è un po’ piccola”, ma visto che è quello che ci sentiamo dire ogni volta con conseguente proposta di upgrade, abbiamo gentilmente declinato l’offerta.

Il risultato è stato a tratti comico, a tratti tragico perché non riuscivo a smettere di pensare alla barzelletta dei 4 elefanti in una cinquecento: non è che siamo grossi, ma siamo tutti giocatori o ex giocatori di basket, il risultato è stato più o meno come mettere il piumone invernale in una lavatrice troppo piccola.

Tutto era umido e piovoso. L’impressione che ho avuto in quel momento è che avessimo davvero sbagliato qualcosa.

L’hotel designato ad ospitarci 3 notti è stato l’ Hilo Reeds Bay Hotel, un hotel dai corridoi alla Shining e dalla pulizia “media”, ma accettabile. Il prezzo, ragionevole per gli standard delle Hawaii.

Intanto continuava a piovere a dirotto.

CI siamo infilati dentro il Joint Burger, un pub rinomato per fare buoni hamburger. Effettivamente era ottimo, ma quella sera però aveva predisposto tutto per una serata-quizzone (quel gioco in cui tra i tavoli ci sono tastierine per rispondere alle domande proiettate sulla televisione): mentre mangiavamo eravamo in mezzo a un’agguerrita lotta tra giocatori di trivial con incluso un bambino che, dopo aver perso, si è pure messo a piangere. Il tutto era di una tristezza invidiabile.

Non è che mi aspettassi un pub pieno di scatenati australiani, ma… un bambino che si dispera per il quizzone no.

Le spiagge assolate, il mare azzurro e le canottiere mi sembravano un ricordo vago e lontano, la piega del viaggio stava virando verso uno scivoloso baratro.

Il giorno dopo ci siamo svegliati presto. Pioveva ancora.

Allora, il punto è questo: le Hawaii sono così costose che devi lasciarci un rene se non ti organizzi bene, quindi ti aspetti almeno che splenda sempre un sole magico, le onde non ti travolgano, il cibo abbia sempre la temperatura giusta e il caffè sappia di caffè.

Perciò, se arrivi alle Hawaii e continua a piovere, o la sfiga ha deciso di colpire il tuo viaggio, o sei capitato nel posto sbagliato.

Hilo è la città più piovosa degli Stati Uniti: non Seattle, non Buffalo, ma questa deliziosa cittadina, che per posizione e per il fatto che ha due vulcani che fanno accumulare nubi proprio su di lei (so che è una spiegazione semplicistica). Beh, è un angolo decisamente bagnaticcio delle Hawaii.

Ci siamo messi a letto pieni di dubbi e belle speranze.

Quindi, cosa fare appena svegli quando ha deciso ancora di piovere?

Prima di tutto, fare colazione. E perché non iniziare la giornata ammazzandoci di pancake?20160419_084557

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Ken’s Pancake è un delizioso diner, celebre sull’isola per sfornare pancake (e altro) 24/24: giganti, neanche troppo unti. Sul menu ci sono anche diverse portate con la dicitura “sumo”, il che significa “così grandi che riuscirebbe a farli fuori solo un lottatore di sumo”: Dario ha rischiato, l’ha ordinato.

Per sicurezza io e Gianni abbiamo ordinato solo una fettina di torta, perché eravamo abbastanza certi che avremmo dovuto dare il nostro contributo.

Partiamo da un presupposto: quando ti arriva il piatto suonano un gong, lo staff urla “SUUUUUMO!!”, tutta la gente si volta e tu vorresti infilare la testa tra due pancake e mimetizzarti con il bacon per la vergogna. Tutti gli hawaiani seduti si sono voltati, qualcuno dal largo del suo girovita ho visto che tentava di alzarsi a dare il 5 a Dario per l’impresa.

Erano MOSTRUOSI. Tra uova e bacon e pancake c’era almeno un chilo di roba.

La mia fetta di torta (che in realtà era una normalissima fetta di torta) sembrava un povero scarto abbandonato sul piatto.

Vi state chiedendo se li ha finiti? No, non è riuscito, neanche con il nostro aiuto.

Quando splende il sole, Hilo, è una città deliziosa: ha un po’ un’aria anni ’60 che ricorda quegli angoli di Miami Beach tanto famosi, ha un mercato (l’Hilo Farmers Market, il mercoledì e la domenica) che sembra un mercato asiatico ma ordinato e pulito, con tutta la frutta in fila ordinata e i prodotti freschi in piccoli, graziosi sacchettini. Se capitate in quei giorni, fateci una tappa.

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Con una pesante aria di pioggia ci siamo diretti verso il punto dove si trova la bocca del vulcano più attivo del pianeta: come dice la Lonley Planet la zona della East Rift ha eruttato quasi ininterrottamente (dallo sfiato Pu’u ‘Oo) aggiungendo 203 ettari di terra all’isola, più o meno come metà Panarea, per capirci.

Cioè, erutta e si allarga. Finché non ci sei su e non guardi il tutto dall’alto, davvero, non riesci a concepire questa cosa pazzesca. La lava qui ha distrutto strade, aggiunto terra, fatto sparire paesi interi. Non è un posto sereno in cui vivere, ecco.

La terra ribolle, ma il paesaggio è mozzafiato.

La prima tappa è ovviamente al Visitor Center del Kilauea National: a parte per il documentario anni ’50 che concilia un profondo pisolino, fermatevi a chiedere informazioni o aggregatevi ad una interessante visita guidata gratuita che parte più o meno ogni ora e che vi porterà, accompagnati da un ranger (vi auguro uno simpatico e bizzarro come il nostro), che vi racconterà i dettagli e l’evoluzione del parco dal 1916, quando è stato istituito, ad oggi: la fauna è cambiata, i black pig (ovvero i cinghiali locali) stanno devastando tutto l’ecosistema ed è tutto molto a rischio a causa di tutte le zanzare e animali vari che sono stati portati sull’isola nel corso degli anni.

Un itinerario curioso che in un’oretta vi porterà fino alla Caldera, che ancora fuma.

Curioso che prima di arrivare si passa – a piedi – lungo un pezzo  di strada che nel 1993 è stato devastato da un’eruzione: oggi c’è lava, distruzione, e una deliziosa foresta alimentata dalla pioggerella perenne.

[la leggenda legata al vulcano la trovate in fondo al post!]

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Attenti a non scivolare abbiamo fatto tappa al Thurston Lava Tube, una formazione lavica piuttosto curiosa, visto che acqua e fratturazione non c’entrano nulla, si formano dopo eruzioni di lava fluida (tra i mille e i milleduecento gradi), chiamato così in onore della famiglia Thurston che, tra i primi occidentali a visitare la zona, investirono sul turismo del parco e di tutta l’isola all’inizio del 1900.

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Ci si arriva con una piacevole passeggiata ad anello in mezzo ad una florida foresta, in una mezz’oretta ve la cavate.

Piove, ma forse questo paesaggio ha qualcosa di ancora più suggestivo sotto l’acqua.

Proseguiamo sulla Chain Craters Road, la strada panoramica che porta al mare: è a pieno titolo una scenic drive e ad ogni curva (la guida è semplice su una strada così perfetta) si apre un paesaggio che è un fortissimo contrasto tra il blu del mare, il cielo e il nero della lava.

Questa strada porta alla “end of the road”, dove troverete un chiosco con cibo carissimo e magliette ricordo (ho assistito ad una sfuriata di una signora che insultava pesantemente il povero ragazzo dietro il bancone per il costo delle noccioline… La sua faccia era così impaurita che credo gliele avrebbe volentieri tirate addosso). Tempo fa questa strada costiera si incrociava con la Hwy 130 e la Hwy 137 che porta a Puna, ma un’eruzione ha deciso di inghiottire la strada e interrompere le comunicazioni. Si può proseguire per un lungo pezzo a piedi, che porta poi al mare.

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Non mancate di dare un’occhiata all’Holei Sea Arch, un’arco scavato nella roccia – ovviamente lavica – costantemente assalito da onde altissime: è meraviglioso, ricorda le falesie della Normandia (non ci sono stata, ma l’ho vista sulla guida Viaggiautori di Letizia). Potresti stare lì per ore a guardare il mare infrangersi su quelle rocce… Diventi poetico anche se non lo se.

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In attesa che calasse il sole e potessimo andare a goderci lo spettacolo del vulcano in euruzione, perché non andare ad assaggiare i vini hawaiani?

Tappa alla Volcano Winery: il costo della degustazione (con cui riempiono il bicchiere) è di soli 5$ (8$ se si aggiunge anche il più raro e pregiato, quello fatto con le bacche di jaboticaba), che offre vino di uva, miele, mele, frutta… E volendo taglieri di formaggi per accompagnare.

Sarò tradizionalista, ma le cose troppo stravaganti il mio palato non le accetta di buon grado. Il vino può avere infinite varianti, ma deve sapere di vino, altrimenti la prima cosa che mi viene in mente sono quelle bottiglie fake di bevande colorate per le feste dei bambini nelle bottiglie del prosecco.20160419_171130

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Un po’ alticci aspettiamo che cali il sole e ci dirigiamo verso il Jaggar Museum, un visitor center arricchito di pannelli sui vulcani e sulla storia dell’isola, perchè proprio qui dietro c’è il punto panoramico di tutta l’isola: il Halema’uma’u VIew Point, una sorta di cratere dentro il cratere, che ha la particolarità di essere ancora molto attivo. COsì da una ragionevole distanza puoi guardare “the glow”, il bagliore rosso della lava che erutta.IMG_5518 (Custom)

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Alla fine della prima giornata a Big Island ho capito davvero solo una cosa: per vedere quest’isola devi semplicemente piegarti alla natura, così davvero riuscirai a tirarne fuori il meglio.

Qui potete trovare l’itinerario da scaricare su google maps: https://goo.gl/maps/HKrucAzSncH2  

Qualche informazione in più sul parco  

Il Kilauea è l’unico vulcano al mondo la cui sommità si raggiunge tranquillamente in auto (è alto solo 1240 m) ed è anche decisamente molto attivo, visto che dal 3 gennaio 1983 non ha ancora smesso di eruttare. Il NP comprende il Kilauea e il Mauna Loa (entrambi sull’isola di BIg Island e “vicini di casa”).

Qui trovate tutte le info utili sui Visitor Center, orari e varie, qui  la mappa del parco con tutti gli itinerari.

Per visitare BIg Island un sito fantastico è questo: http://www.lovebigisland.com/            

Leggenda hawaiana legata al Kialuea e alla dea Pele

La dea Pele (il cui nome significa “lava fusa”, ma viene anche chiamata Pele-honua-mea, che significa “donna della terra sacra” o Pele-ia-honua “mangiatrice di terra”), pare fosse originaria di Tahiti, da cui era fuggita per scappare dalla sorella, Namaka Okahai, a cui lei aveva sedotto il marito.

[nella realtà, agli abitanti dell’arcipelago tahitiano la casta sacedotale aveva imposto il nuovo sanguinoso culto del dio Oro, che chiedeva spesso sacrifici umani. Fu così che Tamatoa, re di Bora Bora insieme al fratello minore Teroro e un gruppetto di fedeli agli antichi si misero in mare alla ricerca di nuove terre… Arrivando poi alle Hawaii!]

In realtà la dea Pele era abbastanza famosa per avere a parte mille amanti, anche tanti fratelli. La leggenda narra che si fosse innamorata di un tale Lohi’au (che da quanto si capisce era morto), così chiede alla sorella Hi’iaka di andarlo a prendere e riportarlo in vita, a condizione che la rissosa Pele evitasse di dare fuoco ad un boschetto di alberi in fiore che lei amava particolarmente.

Hi’iaka andò al nord, recuperò Lohi’au, lo riportò in vita e lo trasportò fino al Kilauea. Pele però disse che ci aveva messo troppo, quindi le girarono le scatole, diede fuoco al boschetto della sorella e buttò Lohi’au dentro al vulcano. Disperata  Hi’iaka si mise a scavare per recuperarlo, lanciando qua e là sassi e lapilli.

Ecco spiegato uno strano flusso di lava riconducibile più o meno al 15° secolo sulla bocca orientale del Kilauea, enorme e che arrivava fino al mare (a più di 40 km di distanza), un’eruzione che durò dal 1410 al 1470, e che cambiò il paesaggio per sempre, metafora riconducibile anche all’arrivo degli esseri umani sull’isola, che avrebbero cambiato questa magica terra, per sempre.

 

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3 Comments

  • Reply Sara

    Caspita che foto spettacolari! Soprattutto quelle della Chain Craters Road, sono veramente suggestive! Bellissimo racconto, a tratti mi hai fatto ridere 😀 e adesso ho anche voglia di pancake 🙂 un abbraccio!

    14 Giugno 2016 at 17:58
    • Reply Paola Annoni

      Paradossalmente le Hawaii sono un mondo un po’ sconosciuto…c’è il mare e il resto è…così meraviglioso!
      Ogni viaggio è un’avventura, e le disavventure col senno di poi, sono sempre la parte migliore! 🙂

      17 Giugno 2016 at 11:35
  • Reply Sabrina

    Che bel viaggio!! Complimenti per le foto, sono davvero bellissime. Quelle nuvolone mi hanno fatto spaventare 🙂

    17 Giugno 2016 at 10:47
  • Rispondi a Sabrina Cancel Reply