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Islanda

Trekking in Islanda: Laugavegur. Da Thórsmörk a Landmannalaugar, l’hike più bello del mondo.

Laugavegur

Ho fatto mille camminate con la parrocchia, ho dormito sui sassi con gli scout e mi son lavata nei fiumi. Non viaggiamo mai troppo comodi per una questione di budget, ma una sfacchinata come il trekking che da Þórsmörk o Thórsmörk porta a Landmannalaugar  (“Laugavegur”, il sentiero delle sorgenti calde), vi giuro che non l’avevo mai fatta.

Il trekking è lungo e può essere diviso in 3 giorni (se avete le gambe buone e non bestemmiate), o quattro, per prendervela più con “calma”: in totale sono 56 km di salite e discese, vulcani e paesaggi incredibili.

Ci è stato consigliato da Patrick e Letizia, e confermo quello che hanno detto loro: sì, è davvero uno dei trekking più belli del mondo.

Ma cosa fare se sei una persona poco allenata che quando guarda nell’armadio dei vestiti “tecnici” la cosa più tecnica che trova è il body da ballerina di quando aveva 5 anni?

Quindi, questo post è dedicato a tutte quelle persone che lo vogliono fare, non sanno se saranno in grado di farlo, non hanno l’abbigliamento corretto e non sanno bene cosa devono fare. Consigli a raffica per scappati di casa insomma.

Per tutte le informazioni più tecniche vi rimando a questo post fatto davvero benissimo.

1- Abbigliamento (dello zaino e del contenuto ne parliamo poi dopo) sì, vi dovete comprare la roba tecnica. No roba di cotone, no vestiti leggerini da scampagnata. Se rimanete in cammino per tre giorni portatevi 2 magliette, due mutande, tanto la doccia costa 500 ISK (sì, 5 euro per 5 minuti di doccia calda) e dopo sarà uguale. Non ne vale la pena. Ho portato 3 cambi di tutti, e a parte le calze alla fine ho cambiato due magliette. Pantaloni che tengono la pioggia, giacca antivento, sciarpa che copre il collo dalle ventate gelide.

La giacca antipioggia e anti vento non è un’opzione: in un posto in cui il clima cambia ogni 5 minuti è davvero l’ideale perché alla fine ti protegge dall’acqua e dalle folate gelide che arrivano ovunque ( vi ricordo che una parte dell’itinerario è sulla neve, anche se è luglio).

Il Poncho. Davvero, è la cosa più antiestetica del mondo dopo le ballerine color carne, ma il poncho vi salverà le chiappe (dall’essere perennemente bagnate). SE avete un po’ più di dignità e non avete voglia di tanti “metti- togli”, potete usare direttamente una giacca antivento e impermeabile. Io nello zaino avevo questa qui della The North face ( è la Tanked wind jacket) , impermeabile (anche quando piove molto) e con un cappuccio che non vola via alla prima soffiata di vento. E’comoda per i trekking di tutti i tipi perché è leggera, poi se non la usci che si chiude nel suo sacchettino mini e via. La usi o come giacca o come protezione in più.

Se stata via 4 giorni (si parte la mattina, si cammina, tre notti fuori e la quarta di torna), mettete questo vestiario:

4 paia di calzini, 2 mutande (+ quelle che avete indosso)

2 magliette termiche + 1 di cotone da tenere quando siete in rifugio almeno per non avete la sensazione di essere perennemente negli anni ’90 dove il sintentico andava di moda

2 paia di pantaloni (o 1 paio + copri pantaloni impermeabili, anche se è meglio aver già indosso i pantaloni e non doverseli infilare… Anche perché a meno che la sfortuna e la tormenta non vi colgano, le piogge durano 10 minuti, il tempo che ci impiegherete a bagnarvi mentre li cercate nello zaino. Se partite dal rifugio con quelli arriverete magri e disidratati, perché fanno un po’ effetto pantaloni dimagranti. Quindi, pantaloni leggeri e tecnici, insomma)

2 pile o felpine calde che tengono bene la temperatura mentre camminate ma che non vi facciano sudare 7 camicie (per quello c’è già il trekking).

1 sciarpa leggera

1 cuffia

1 paio di guanti

1 paio di ciabattine da barca o sandali perché li userete per guadare i fiumi (l’ideale sarebbe quell’orrore di plastica che mi costringeva ad indossare mia madre quando andavo al fiume da piccola, anche se pesano un po’ tanto per portarsele dietro). Le infradito sono una scelta infelice perché per attraversare dei fiumi con correnti che a volte sono piuttosto forti, serve qualcosa di serio).

1 paio di occhiali da sole

1 asciugamano in microfibra (sia per lavarvi che per i piedi dopo aver attraversato i fiumi. Pensate che poi vi laverete. Poi, dopo, quando avrete finito il trekking, quindi amen, fatevene una ragione, farete schifo per qualche giorno).

2 – Cose importantissime da mettere nello zaino: tappi per le orecchie e una mascherina di quelle da aereo per la luce. Con tutta probabilità farete il trekking nel periodo estivo, quindi quando non cala mai il sole. Nei rifugi non ci sono le tende, quindi se volete riposare un minimo e no dovervi mettere una sciarpa in testa come ho fatto io… Beh, è decisamente utile. Oltretutto nei rifugi l’orario del coprifuoco varia, in alcuni sono le 10, in altri le 12… Siate rispettosi (e insultate chi non lo è).

Sperando poi che non servano, mettete dentro anche una scatola di cerotti per le vesciche, e qualche cerotto normale con un pacchetto di salviettine disinfettanti ( la Citrosyl per esempio le fa monodose che sono davvero comode).

La questione delle racchette: sì o no? Noi non le avevamo, ci sono momenti in cui sarebbero servite. Se non volete portarvele da casa potete noleggiarle a Reykyavik qui.

3 –Le Scarpe. Ragazzi, davvero. Niente scarpe da ginnastica, niente scarpe nuove, niente scarpe fashion. Scarpe da trekking, se possibile impermeabili (ci sono tanti pezzi sulla neve). Se non le avete e le dovete comprare, usatele a casa e provatele. Importantissimi provarle con le calze che userete. Io per esempio avevo comprato delle calze super tecniche per il trekking che ho dovuto mettere nei giorni precedenti (causa perdita della valigia). Un incubo, non andavano assolutamente bene, se le avessi usate nel cammino probabilmente mi si sarebbero staccati i piedi o come ha detto uno dei miei compagni di viaggio “ad un certo punto ho pensato che nel fiume mi si sarebbero staccati i piedi e che avrei dovuto lanciarli di là”. Ecco, così.

Io ho quelle base da trekking del Decatlon: sono impermeabili e belle morbide,, non troppo basse nè troppo alte, ma ogni persona ha la sua scarpa perfetta, l’importante è che siano già rodate.

4- Lo Zaino. Partiamo dal presupposto che dovrete  portarvi dietro il carico tutto il santo giorno, quindi deve essere uno zaino che sa fare il suo mestiere, realisticamente, se avete un sacco a pelo di dimensioni ridotte, basta un 25 /30 litri. Se dormite nei rifugi, il sacco a pelo non serve che tenga temperature particolarmente basse, e quindi non servono quelli esageratamente imbottiti. Uno leggero e compatto che tenga i 15 gradi basta e avanza (l’effetto presepe nel rifugio si fa sentire eccome). Ricordatevi che pesa, e meno pesa, meno ve lo portate in giro. Il sacco a pelo del Decathlon (Florclaz ultralight) basta e  avanza e pesa 680 grammi.

Lo zaino perfetto ha gli allacci laterali, regolabile, fatto per il tuo genere. Uno “zaino per donne” è fatto con gli spallacci diversi, l’allaccio davanti che ti alleggerisce il peso non ti schiaccia le tette e così via: davvero,  uno zaino fatto bene ti alleggerisce i chili che ti devi portare in giro per 4 giorni in tutte le condizioni meteo.

Io per i trekking di solito uso degli zaini piuttosto compatti. SE riuscite a ridurre tutto al minimo (o avete la santità di un moroso con lo zaino più grosso)  prendetene uno da circa 30 litri. Quando faccio i trekking più brevi uso quello comodissimo della The Noth Face da 22 litri (sembra piccolissimo ma non lo è, si chiama Aleia da 22 litri, quello perfetto è quello da 32 per un trekking così) Motivi per cui è comodo e perché vanno bene. Prima di tutto è leggerissimo, ma la parte sulla schiena è particolarmente imbottita ma lascia passare l’aria.  Ha delle tasche laterali (da un lato ho messo le ciabatte per guadare i fiumi e dall’altro la borraccia, anche se ha lo spazio per la borraccia che arriva davanti con il tubicino). Ha la copertura anti- pioggia, che in questo caso è assolutamente fondamentale. Gli spallacci sono larghi e conformati e a fine giornata non hai voglia di piangere per la fatica.

5- Il cibo: parliamone. Tutti dopo una sfacchinata vorrebbero sedersi a tavola a mangiare polenta e cinghiale con un buon bicchiere di vino.

Qui però devo farti tutto il trekking in autosussistenza, quindi tutto il cibo te lo devi portare dietro da subito. La maggior parte delle persone aveva delle buste di cibo liofilizzato da far “rinvenire” con l’acqua bollente [questo qui, si chiama Adventure food e si trova online, c’è dal chicken tikka alla pasta alle noci… Roba che cerca di essere anche un po’ gourmet, diciamo. Che ci fosse il chicken tikka son sicura perché un ragazzo che faceva la strada con noi non ha fatto altro che spararsi delle buste così!] , gli altri si arrangiavano con cose qualsiasi e tanta frutta secca. Noi ci siamo portato un po’ di buste di cibo liofilizzato, banane (I love you potassio), zuppe istantanee e panini, barrette e biscotti per colazione e pranzo.

Fondamentalmente 3 colazioni, 3 pranzi, barrette e snack e tre cene da farsi al caldo. Portatevi bustine di the e caffè solubile (svuotate il barattolo di vetro dentro un sacchetto, perché PESA!), sale e zucchero (basta una bustina, ma nei rifugi non c’è nulla, può fare comodo). E’ stata la prima volta in vita mia che non mi sono sentita mortalmente in colpa a mangiarmi noccioline e snickers a nastro. Importantissimo, portatevi una borraccia da almeno 0.75 a testa per il cammino (l’acqua è potabile sempre e ovunque, oltre che buona).

I costi, gli spostamenti e i rifugi.

Se non campeggiate, i rifugi vanno prenotati con un certo anticipo, per alcuni significa mesi. Sì, vi sembrerà un furto a mano armata spendere 8000 ISK per un posto letto che sembra quello dei campi di concentramento e pagare 500 ISK (5 € ) per la doccia calda di 5 minuti e 1000 ISK per caricare il cellulare.

Business is business baby (mi sono ripetuta questa frase in testa almeno mille volte!).

I rifugi vengono gestiti da un ente che è simile agli alpini, e dicono che i costi di mantenimento sono alti.

Ok. Facciamo un rapido conto e poi non facciamo più polemica: Se nel rifugio Ermstrur ci sono 60 posti, e per ogni posto si paga 8000… Il totale giornaliero solo dei posti letto (senza calcolare le decine di tende che pagano per il posto 2000 ISK) è di 4000 €. Per tutta la stagione estiva (facciamo solo 90 giorni?), di media prenderanno circa 360.000 Euro. Alla faccia della manutenzione!

Ok, a posto, questa era la mia polemica sui costi mostruosi dei rifugi.

Per arrivare al trekking bisogna prendere il bus che ti porta a Þórsmörk (l’inizio del trekking in un’unica direzione ti porta al Landmannalaugar) e che ti riprende alla fine del trekking.

C’è due volte al giorno (7:30 e 12:30) e la soluzione migliore è acquistare l’Hikers Pass (lo trovate qui): il prezzo andata e ritorno è di 14200 ISK (circa 118 €) .

Noi abbiamo diviso il trekking in 4 giorni e 3 notti, quindi abbiamo dormito nei vari rifugi, qui sotto trovate l’itinerario, quanto ci abbiamo impegato ( no beh, il terzo giorno la salita ha abbassato la media di circa 1 km all’ora, una roba che manco  gente zoppa batte sti record).

Facendo questo trekking abbiamo scoperto anche Wikiloc, un sito dove puoi caricare, cercare e mettere tutte le informazioni legate ai trekking… Una figata.

Eccole qui:

Laugavegur 1: da Þórsmörk a Emstrur (16,78 km – 6 ore 46 minuti). Percorso impegnativo, due o tre fiumi da guadare, la salita finale prima del rifugio ti farà urlare internamente qualsiasi tipo di impropero (oltretutto, stanca morta, dovevo attraversare un fiume abbastanza stretto e senza difficoltà: il salto l’ha fatto il mio cervello e non le mie gambe. Il risultato è stato che sono finita con entrambi i piedi nell’acqua. E vi assicuro che camminare in salita con i piedi completamente zuppi e una pioggia battente, non è una cosa bella).

Il rifugio è composto da tre casette e la casetta dei bagni, l’interno ti lascia un po’ perplesso: i letti sono da due, quindi sei proprio spiaccicato contro il tuo vicino di letto. Purtroppo non mi viene un altro esempio calzante che non ricordi i campi di Auschwitz. La cucina è all’interno della casetta, è tutto molto caldo e c’è un posto per lasciare lo zaino e gli scarponi.

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Laugavegur 2: da Emstrur a Álftavatn (17,36 km – 7 ore 3 minuti)

La giornata è più semplice e in buona parte si cammina su un percorso pianeggiante. CI sono diversi fiumi da guadare (uno piuttosto largo), quindi armatevi di pazienza (togli le scarpe, guada il fiume gelato, asciugati i piedi, rimetti le scarpe almeno 4 volte). E’ tonificante per le gambe, doccia scozzese e tutto il resto, ma vi assicuro che camminare per un paio di minuti nell’acqua gelata è tosta. Soprattutto se ci sono dei francesi che ridono di te e ti scattano foto.

La difficoltà sta tutta nel fatto che il camminare è quasi tutto su una sabbia di lava in cui si sprofonda, ed è faticoso. Paesaggio lunare e bellezze senza paragoni.

L’arrivo al rifugio è la cosa più incantevole: si supera la collina, dall’alto si vede il rifugio in riva al lago incorniciato dalle montagne. L’arrivo è sempre la parte migliore, ma il questo caso lo è davvero.

Il rifugio è nuovo e bellissimo, come sempre attrezzato con cucina, posate e piatti. C’è una sala comune e le stanze con la porta chiusa, quindi con un minimo di privacy (anche se alle finestre non ci sono tende, quindi vi si vede da fuori se vi cambiate le mutande, ma questa è un’altra storia). C’è anche tutto un patio fuori, e se siete fortunati e spunta un po’ di sole, è quando di più simile al paradiso.

Con un caffè caldo in mano, il sole (protezione solare, mi raccomando, che ci si ustiona davvero), la bellezza dell’Islanda più remota. Ci manca solo uno che ti fa un massaggio ai piedi e poi davvero non puoi più chiedere altro.

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Laugavegur 3: da Álftavatn a Hrafntinnusker (11, 49 km – 5 ore 44 minuti)

Il percorso dura meno, ma è uno spacca gambe estremo. Allora, paragonerei questo pezzo del trekking ad una torta. Una di quelle a 5 piani, ripiena di gocce di cioccolato bianco, crema al limone, e tutte quelle altre cosine così grasse e caloriche che prendi due etti solo a guardarla. Ecco, la giornata numero tre è la più cicciosa delle torte che abbiate mai mangiato: meravigliosa, ma sai che se la vuoi mangiare devi prenderti anche le calorie e quella è la punizione. L’intinerario e i paesaggio sono letteralmente mozzafiato, le colline marroni dipinte con la neve… E’ un’Islanda remota, silenziosa e bellissima. L’ultimo pezzo è da fare tutto nella neve: il rifugio lo vedrete in lontananza e vi sembrerà di non arrivare mai, gli ultimi tre chilomentri nella neve molle sono una sfacchinata, ma arrivati in cima, ne vale la pena. Come sempre.

L’ultimo rifugio è decente, i materassi al piano di sopra sono buttati in terra, la cucina è attrezzata. Preferirei non parlare dei bagni, che sono quanto di più schifoso mi è capitato di vedere ultimamente: luridi, puzzolenti e lontani dall’ingresso, così lontani che preferisci schiattare disidratata piuttosto che ancora una volta scentedere, uscire a 2 gradi, fare tutto il giro della casetta (la porta accanto ai bagni è quella della  cucina, ma non si può uscire da lì e devi fare tutto il giro). I ragazzi che gestiscono il rifugio sono simpatici come un eritema solare il primo giorno di vacanza, ma il fatto che restino lì circa 3 settimane di fila mi fa pensare che la loro socialità è compromessa. L’orario del silenzio qui è spostato alle 24:00, quindi se dovete partire presto come abbiamo fatto noi, siete spacciati.

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Laugavegur 4: da Hrafntinnusker a Landmannalaugar (10, 18 km – 3 ore e 27 minuti)

Partite presto la mattina, il bus parte alle 14:15, ma vi consiglio di prendervi il tempo per rilassarvi e non fare le corse l’ultimo giorno.

Non so se è perché era alla fine, se perché era in discesa o perché era l’ultimo giorno, ma l’ultima parte è senza dubbio la più spettacolare: zone geotermali, colline fumanti, neve, lava e colori che si amalgamano in modo affascinante per poi arrivare alla fine, quando la cornice delle Painted Hills ti accoglie alla fine del percorso… Beh, ti toglie il fiato e tutta la fatica fatta nei giorni precedenti te la dimentichi, a favore della meraviglia e dell’orgoglio di avere fatto qualcosa di veramente bello.

Alla fine del percorso c’è una sorgente bollente dove poter fare il bagno e rilassarsi: cambiatevi sotto il magico poncho (l’accesso ai bagni costa 500 ISK… 5 euro di pass giornaliero per fare la pipì) e tuffatevi (non sul serio, l’acqua è bassa) nell’acqua bollente e rilassante. Ci sono tantissimi stranieri “nordici” che si cambieranno senza problemi con patate e pisellini all’aria aperta, è tutto molto normale.

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Conclusioni

E’ stata una mega sfacchinata? Sì, decisamente.

Lo rifaresti? Sì, alla grande. Se ripenso all’Islanda oggi, penso a quel pezzo di viaggio, di strada conquistata, di natura estrema e bellissima, con turisti decimati, silenzi assordanti, colori unici e paesaggi che nessuna macchina fotografica  potrà mai rendere.

Solo un dettaglio. In totale, spalmato su 4 giorni, abbiamo camminato per 23 ore pulite: il record dell’ultramarathon per questo stesso percorso è di 4:07:47. Devo aggiu

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16 Comments

  • Reply Giuseppe Castagneri

    Brava. E’ proprio un bel post.

    14 Luglio 2017 at 23:43
  • Reply Domenico

    ciao Paola,
    l’articolo è molto bello.
    Una domanda, come mai non avete fatto il trail nella direzione opposta (credo anche leggermente piu facile)?

    5 Giugno 2018 at 20:38
    • Reply Paola Annoni

      Ciao Domenico, è una domanda che mi hanno fatto più persone. In realtà si può fare in entrambe le direzioni, però dividendolo così, l’ultima tappa sarebbe stata la più lunga. A dir la verità, durante la salita del secondo giorno (oltre ad invocare tutti i santi) me lo sono chiesta… Però abbiamo scelto di tenere la tappa in discesa e con le vasche calde alla fine. Se fossero state all’inizio forse non mi sarei mossa 🙂

      5 Giugno 2018 at 21:41
  • Reply Natascia

    Ciao Paola,

    vorrei farti una domanda. Sto pensando di fare il tuo stesso trekking ma da nord verso sud, secondo questa progressione:
    • Landmannalaugar -> Hrafntinnusker (12 km, 4-5 h )
    • Hrafntinnusker -> Álftavatn (12 km, 4-5 h )
    • Álftavatn -> Emstrur (15 km, 6-7 h )
    • Emstrur -> Þórsmörk (15 km, 6-7 h)

    Sarò con il mio ragazzo che, rispetto a me, ha molto ma molto più coraggio quando si tratta di stare in montagna e in natura. Io mi definirei, invece, amante della natura, ma non del rischio in natura. Quindi salite molto rapide o percorsi sul ciglio della montagna con sentieri strettissimi non nego che mi fan paura e non mi portano a godermi il viaggio perchè son sempre li tesa. Ho fatto diversi trekking anche impegnativi sino ad ora tra cui in trentino, in svizzera, in sicilia etc ed ho capito che amo camminare ma scegliendo il percorso che più si confà alle mie capacità che definirei “medie”.

    A questo riguardo, vorrei chiederti se il percorso presenta dei tratti impegnativi come per esempio salite ripide oppure canaloni o sentirei stretti etc perchè onestamente vorrei evitare di bloccarmi per paura o sopraggiunto panico.

    Sto leggendo diversi blog e dal tuo mi sembra di capire che il percorso non presenta difficoltà particolari mentre da altri blog mi sembra che si tratta di un percorso adatto ad escursionisti intermedi e avanzati. Nella tua risposta, ti chiedo di valutare anche il tuo livello di preparazione fisica precedente.

    Grazie mille.

    6 Giugno 2018 at 15:19
    • Reply Paola Annoni

      Ciao Natascia! Allora, il trekking è molto faticoso e lungo, non è diciamo per tutti. E’ molto impegnativo in alcuni punti, la prima tappa per me è stata davvero spaccagambe (Þórsmörk >Emstrur), ma conta che io sono una persona abbastanza in forma ma non avevo una preparazione specifica e non mi ero allenata molto. Alcuni punti sono tosti, per esempio il secondo giorno, partendo da Emstrur c’è una salita folle (che se fai al contrario sarebbe una discesa molto difficoltosa, adesso lo aggiorno e lo specifico) che sembra non finire mai più, ma poi il percorso è pianeggiante.
      Se hai l’abbigliamento adatto (pantaloni e giacca antivento e le scarpe da trekking giuste, non nuove, comode e impermeabili), e la giusta dose di entusiasmo può darti davvero grandi soddisfazioni.
      Non è un percorso da principianti o da persone particolarmente fuori forma, ma non è neanche un trekking estremo. E’ bellissimo e lo rifarei subito 😉

      6 Giugno 2018 at 15:33
      • Reply Natascia

        Grazie mille Paola.

        Si dici bene, ci vuole la giusta dose di entusiasmo per non fissarsi sulla difficoltà e farsi prendere solo dalla bellezza dei posti.

        6 Giugno 2018 at 19:19
  • Reply Francesco

    Bello e molto interessante!
    Vorrei fare una domanda, i sentieri sono facilmente visibili o la possibilità di perdersi è medio/alta?
    Grazie

    8 Luglio 2018 at 18:08
    • Reply Paola Annoni

      Ciao Francesco! No, non ci sono grossi problemi, i sentieri sono ben battuti e non è difficile trovare la strada 🙂

      8 Luglio 2018 at 19:06
  • Reply Francesco

    Ciao Paola, sapresti indicarmi un sito dove poter trovare tutti i rifugi lungo il sentiero? Il servizio campeggio sai dirmi cosa non include (in generale)?

    8 Agosto 2018 at 20:53
  • Reply federica

    grazie, finalmente qualcuno che fornisce informazioni davvero utili…

    10 Dicembre 2018 at 22:19
  • Reply sara

    Posso chiederti il costo totale di tutto?

    2 Febbraio 2019 at 1:07
    • Reply Paola Annoni

      Ciao Sara, tutto il viaggio (voli, alloggi, cibo, trekking, auto e trasporti) circa 1500 euro 🙂

      2 Febbraio 2019 at 11:43
  • Reply Silvia

    Ciao Paola e grazie per aver condiviso queste informazioni. Volevo chiederti qual é secondo te il livello di rischio dovuto ad improvvisi cambiamenti climatici, da alcuni articoli trovati sembra che sia necessaria una guida ma non capisco se serva davvero visto che il percorso in sé mi pare faticoso ma non rischioso.

    11 Febbraio 2019 at 23:58
    • Reply Paola Annoni

      Ciao Silvia, scusa la lenta risposta. No, non serve una guida, ma bisogna essere attrezzati. Niente scarpe da ginnastica, sì ad abbigliamento leggero ed impermeabile.
      E’ ok anche per persone mediamente allenate, ma il clima è una variabile impazzita, ma d’estate la bufera di neve è altamente improbabile!

      2 Marzo 2019 at 16:16
  • Reply Alessandra

    Ciao Paola vorrei sapere se il clima nei rifugi è abbastanza caldo da permettere di non portare il sacco a pelo ma solo un sacco lenzuolo ( in cui mettersi con “ pigiama “ abbastanza pesante)
    Grazie

    23 Luglio 2019 at 22:49
  • Rispondi a Domenico Cancel Reply