Partendo dal presupposto che non amo particolarmente andare sotto terra, un po’ perchè sono paranioca, un po’ perchè sono vagamente ossessionata e terrorizzata dai terremoti e temo che la sfiga colpisca proprio quando là sotto ci sono io e “morire soffocata da montagne di terra” non è proprio nelle prime 10 morti che sceglierei – se si potesse scegliere. A parte questo le caverne sono incredibili, enormi, immense.
Rese note dal cowboy Jim White nel 1901, ma conosciute anche da popolazioni preistoriche (date le incisioni rupestri), questo grandioso spettacolo di stalattiti e stalagmiti illuminate ad hoc da un impianto luci di tutto riguardo, sono posizionate a una profondità di 230 metri e il “giro base” per arrivare alla Big room include circa 40 minuti abbondanti di camminata. Se poi siete in compagnia di un fotografo a cui piacciono le caverne e che deve dare un senso al fatto di essersi portato dietro un cavalletto di tre chili… beh il giro si può anche dilungare di ore. 2 ore. Forse 3 ore. A me sono effettivamente sembrate 8 ore. Almeno.
Non faccio apposta, a me le grotte annoiano, mi mettono ansia e non stimolano la mia fantasia in stile nuvole. Si perchè una cosa che, evidentemente, piace molto ai geologi e agli studiosi è trovare una forma a queste sedimentazioni, proprio come faccio io guardando il cielo. Peccato che a me sembrino tutti o pali della luce, cosi all’insù o cosi all’ingiù.
Nelle grotte non si può portare cibo, bevande, caramelle, non si può masticare la gomma (avevo paura che non si potessero neanche indossare vestiti lavati con l’ammorbidente), al massimo è consentita una bottiglietta d’acqua: il tutto è per non alterare l’equilibrio delicato della grotta. Avevo paura dei ranger che perlustrano la grotta quando mi sono accorta che in borsa avevo un pacchetto di chimiche liquirizie rosse a palline.Non si corre, non si ride, non si parla a voce alta. L’unica cosa che mi lascia perplessa sono lo shop e il ristorante che si trovano accanto all’ingresso dell’ascensore.
Pareri personali a parte: nelle caverne si entra col pass ai parchi nazionali, si scende in ascensore (si può anche scendere a piedi, ma tanto il bello è sotto) dove un (o una) simpatico ranger ti spiega cosa puoi o non puoi fare. SI possono fare anche le visite guidate ma, per fortuna, optiamo per il no. Mi chiedo solo come fa a non avere la labirintite quella povera signora che fa su e giù per 75 piani tutto il giorno in ascensore… Non dovrebbe per lo meno esploderle un timpano?!
Fotorgaficamente sono affascinanti, soprattutto quando si trovano pozze d’acqua in cui le varie formazioni calcaree si rispecchiano, e di angoli suggestivi ce ne sono a centinaia. Tanti, tantissimi…
Una cosa poco pubblicizzata ma non per questo meno incredibile è la sera, quando si può assistere all’uscita, dalle grotte, di circa 250.000 piccoli pipistrelli che escono per cacciare appena scende la notte.
La scena: anfiteatro gremito di persone (circa 300, almeno), 1/3 almeno sono bambini di età variabile. Un giovane ranger spiega “la qualunque” sui pipistrelli, la loro vita, il perchè e il percome di tutti i loro movimenti e di cosa fanno loro per proteggere il loro habitat. Divertente, simpatica, si vede lontano un chilometro che le piace quello che fa. Visto il radar e la loro sensibilità acustica ci chiede cortesemente di spegnere il telefono, non lasciare acceso nessun apparecchio elettronico (quindi no foto), stare in silenzio e far stare in silenzio i marmocchi. Tutti spengono il loro telefono e controllano almeno una volta che sia spento sul serio, nessuno scatta una mezza foto. Silenzio.
I mini pipistrelli (in questa caverna vivono una delle razze più piccole di pipistrelli, ma non ricordo di preciso quale), cominciano a uscire in uno strano vortice composto, sembra una danza, un piccolo tornado di questi piccoli animali che poi armonicamente escono in tutte le direzioni. Si sente solo il rumore dei pipistrelli che volano. E beh, la puzza, ovviamente. Un dettaglio non indifferente è stato vedere il comportamento del genitore medio americano: appena sentivano il figlio parlare/dire qualcosa/piangere/frignare, lo prendeva di peso e lo portava via. Di peso al primo accenno. Ai miei occhi italiani è stato un comportamento a dir poco grandioso.
E uno spettacolo affascinante, difficile da trovare, gratuito e… beh, l’importante è non avere il terrore dei pipistrelli.
No, non si attaccano ai capelli.
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