Ok, non mi sono persa e non ho abbandonato il blog, ho solo avuto un po’di problemini tipo.. Mi hanno rubato il pc (oltre che la Canon, l’ipod lo zaino e tutto il resto.. Ladri di merda!) oltre a ritrovarmi ancora una volta a scrivere sull’iPhone, aver avuto il morale sotto i tacchi per qualche giorno e non avere piú una foto. Ma eccomi!
Il post é lungo e un po’elencativo, ma il giro é stato intenso! Arrivano aggiornamenti!:)
Sveglia. Presto. Complice il fuso o il fatto che sono andata a letto alle 22… alle 2:50 del mattina mi sono svegliata e mi stavo alzando per uscire. Per fortuna che avevo accanto qualcuno che mi ha intimato di tornare a letto e stare buona almeno almeno fino alle 7. Dai, 6:30 va bene. E poi c’è uno starbucks che mi aspetta. La regola numero uno per il mio buonumore è imballarmi di caffè ancora prima che pronunci la prima parolina del mattino. A meno che non si desideri fortemente che la prima parolina del mattino sia qualcosa che inizia con V e finisce con affanculo. E non sto scherzando, il mio compagno ha scaricato l’app per trovare gli starbucks più vicini “around me”. Coffee misto grande e si può cominciare.
Per esplorare San Francisco cominciamo con l’intinerario a piedi suggerito dalla Lonley Planet, per vedere diversi quartieri, e si comincia da dove? Chinatown! Sembra uno scherzo. Mi sono guardata intorno e mi sembrava di essere a Beijing, solo facce orientali, negozi pieni di green tea con scritte solo in ideogrammi, radici di jinseng, cinesate… Ho anche trovato i cracker al riso che compravo sempre che erano strambamente dolci e salati insieme! Ho lasciato la cina circa due mesi fa e l’ultimo posto in cui pensavo di trovarla è a San Francisco come prima tappa di un percorso tra le colline della città.
Vaghiamo e arriviamo oltre una produzione di biscotti della fortuna (che personalmente adoro, soprattutto perché le frasi nei bigliettini sono assurde e scritte regolarmente in un inglese assolutamente incomprensibile!), arriviamo a Jack Keruac Alley e, oltre a essere stupendamente colorata da murales ben fatti, spero sia di buon augurio per tutta la strada che dobbiamo fare calpestare le parole che sono incise in caratteri dorati sulla strada.
Zona italiana. Pizzeria vesuvio e altri stereotipi, ma la mia attenzione cade da un’altra parte, su Columbus ave, dove si trova una storica libreria, la City Lights, famosissima a SF, e io per una volta sono contenta che sia ancora chiusa, anche perchè non ho voglia di “dover”spendere un capitale in libri, perché lo so, è più forte di me, non resisto. Posso non comprarmi vestiti per mesi, ma appena entro in una libreria mi prendono degli attacchi di shopping (ma di puó chiamare shopping quello culturale?) e improvvisamente mi interessa tutto, dai libri di scatole rivestite con decoupage all’autobiografia di Mengacci. Chiusa, mi incollo con il naso alla porta e credo che al tipo dentro gli faccio più paura che compassione e comunqur, non anticipa l’apertura.
Caffè Trieste, dove Coppola ha partorito la sceneggiatura de “il Padrino” e un salto in un negozio italiano storico, Molinari, dove vendono panettoni e parmigiano e vero cibo italiano. Vero peró. Di regola all’estero mi è sempre piaciuto guardare tutto ció che spacciano per made in Italy (una volta a Parigi ho visto un ristorante che proponeva scaloppine con pesto e contorno di pasta bollita… Un tripudio di stereotipi a cui mancava solo “lasagna bolognesa”), ma qui, trovo davvero quello che mangio a casa! Ovviamente non compro nulla, anche perchè continueró ancora la mia battaglia anti cibo italiano all’estero, e soprattutto è passato troppo poco tempo per avere crisi d’astinenza da Parmigiano Reggiano.
Proseguiamo il giro su e giú per le Hill della città, arrampicandoci – sì, è il termine giusto – sulle scalinate, e sfiancandoci sulle salite. Arriviamo in cima alla Telegraph hill, dove troneggia la Coit Tower eretta dalla ricca sig.ra Lillie Hitchcock in onore dei pompieri, con cui beveva, sfumazzava e giocava a carte. Credo saremmo andate d’accordo!
Scendiamo e ci dirigiamo verso la zona leggermente più pianeggiante, passando davanti alla panetteria Liguria, in cui ovviamente il pezzo forte è la focaccia, ma 4 dollari per un quadrello… Mmh, son troppi!
Il giro è davvero lungo (la LP lo segnala come percorso a piedi di circa 4 ore, ma con un passo sprint si riesce tranquillamente a farlo in 2, anche perchè ci scade il parcheggio!), ma l’obbiettivo finale è spaccarsi di fatica per poterci godere un super pranzo senza troppi sensi di colpa, e oggi possiamo davvero permetterci tutto.
Cerchiamo un cambio, e l’unico reperibile è nella zona cinese. Cambio gli euro in dollari e ringrazio con xie xie la tipa allo sportello che si mette a ridere, perchè non credo si aspettasse da me, donna dai tratti antiorientali una risposta cinese. Oddio, è una dell 3 parole che ho imparato…
Già che ci siamo, pranzo cinese in un famoso ristorante della zona dove fanno cucina dell’Unan… E il pollo al miele era davvero favoloso.! Ok, ho mangiato cinese e giapponese per abbastanza tempo da farmi venire il riso alle ginocchia, ma alle vere cucine regionali non ce la faccio, non resisto.
Nonostante l’aria pungente comincia davvero a fare caldo, facciamo tappa per due foto alla famigerata Lombard st., ricoperta di vegetazione e caratterizzata per lo stretto zig zag della strada.
Due foto allo splendido Golden Gate (di cui, oltretutto, proprio quest’anno si festeggiano i 75 anni), poi via di corsa al Presidio, avanposto militare affacciato sul mare che probabilmente ha visto piú risse tra barboni che azioni belliche. Di corsa in spiaggia, raccolti due sassi per la mamma e svuotate le scarpe dalla sabbia fine, ci dirigiamo verso le colline per un giro piú ampio. La guida sottolinea come questa zona, Richmond, sia poco turistica e principalmente frequentata dagli abitanti di san Francisco, è davvero una zona carina e la Cliff House (una vecchia residenza estiva costruita da tal mr.Sutro a fine 800 e andata in fiamme a inizio 900 adesso è un ristorante di alto livello che fa… Hamburger!) merita anche solo una toccata e fuga. Oltretutto qursto palazzo si affaccia sulle rovine degli antichi bagni pubblici di Sutro e su un paesaggio marittimo davvero suggestivo. Caffè alla mano (non comprato alla Cliff House ma in un baretto poco lontano) torniamo in città, anche perchè io, appena arrivati in cittá, avevo notato una via piena di negozi vintage, e celebre perché zona in cui negli anni ’60 abitavano artisti e musicisti (oltre che cannaioli e drogatoni di ogni genere e sorta): Haight.
Premessa: l’unico motivo per cui non ho comprato nulla è perchè mi aspettano ancora troppi giorni di viaggio per spendere una fortuna in meravigliosi abiti anni 50/60, vestiti usati, capolavori fatti ad abitini da pin up (tanto costosi quanto belli!), calzine, cappellini, accessori e borsette originali dell’epoca. Sono praticamente scappata.. Stupedi, e io di regola snobbo un po’i negozi.
Per farmi venire il culo da pin up (ripieno), abbiamo fatto tappa in una rinomata pizzeria, “escape from NY”, dove la scelta è caduta su una pizza con pesto funghi formaggio e.. Aglio. Per fortuna rimovibile.
Con la pancia piena ci dirigiamo a Castro, zona conosciuta principalmente perchè è la zona gay della città, è davvero da vedere. Non è gay, è Gaysssssima. Localini, sexy shop e parrucchieri fanno da cornice a un movimento di persone davvero notevole e, oltretutto eterogeneo come non mai. Tutti i colori, tutte le età, felici di prendersi per mano davanti a negozi con in vetrina manichini che indossano magliette con scritte tipo “gay è ok”, davvero da non mancare, anche solo per vedere quanto naturale e pacifico è sedersi a Milk Plaza e farsi gli affari propri. Ma forse io mi stupisco solo perchè sono italiana.
Un giretto a Mission e per la cena optiamo per un localino salvadoregno dove servono a prezzi davvero modici involitini (papusas) di carne abbondati e molto saporiti. In omaggio ti danno da portare a casa per sempre un odore di frittone che non si stacca più. Il ricordo del locale resterà sicuramente indelebile.
Distrutti torniamo in hotel, come primo giorno credo che basti.
Dove si mangia?
Chef Jia’s(jackson str): ristorante segnalato, alle pareti premi ed è anche tra i 100 migliori ristoranti cinesi degli USA. Assaggiati pollo zenzero e miele e gamberi Jia style (con una salsa strana, broccoli freschi e zucca), entrambi deliziosi. Prezzi bassi, riso integrale e simpatia cinese.
El Majahual (Valencia street): locale salvadoregno, senza infamia e senza lode, cibo abbastanza buono, prezzi bassi. Mettetevi un k-way o un sacco della spazzatura addosso.
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