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India

    Africa, Etiopia, India

    Fotografia in viaggio: riflessioni sugli scatti rimasti tra le dita

    12890951_10154767953498327_6764849461088327867_o[Questo post è rimasto lì, fermo. E’ dall’Etiopia che mi è uscito dalle dita e mi è rimasto incastrato tra un “non lo pubblico” e un “poi c’è gente che si sentirà attaccata” e un “ma che cavolo me ne frega”. Come sempre. ]

    Ci sono dei momenti di rottura quando viaggi: posti e giornate in cui senti che un paese o un istante ti hanno colpito nel profondo, o nel punto più debole.

    Mi succede quando viaggio in paesi poveri, dove vivere sotto la soglia di povertà è all’ordine del giorno e dove i primi ad essere sulle strade sono sempre i bambini.

    Ho visitato quasi 50 paesi, e comunque i viaggi riescono ancora a sconvolgermi nel profondo. Scuotermi e farmi sterzare verso visioni della vita diverse. Read more

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    India, Viaggi

    Ultima tappa: Calcutta

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    Varanasi – Kolkata. Ho il vomito, non riesco a stare in piedi. L’unica cosa che mi interessa è trovare un bagno, ma in India tutto quello che  di regola trovi in un bagno è anche tutto quello che in un bagno non vorresti trovarci.

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    India, Viaggi

    Varanasi, un’altra India

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    Era una notte buia e tempestosa. Sul serio. Questo è l’incipit perfetto per descrivere il viaggio che ci ha portato a Varanasi dopo la tappa di quattro giorni ad Allahabad per il grande Kumbh Mela. In teoria, da programma, dovevamo partire al mattino prestissimo per goderci poi il pomeriggio ma in India si sa, gli imprevisti sono il pane quotidiano. Dopo la sveglia alle 2 del mattino per vedere e fotografare il bagno rituale e i naga sadu correre con le chiappe al vento siamo tornati al campo tendato per aspettare le 10 di sera perchè, in teoria, il traffico ad Allahabad doveva essere chiuso fino a quell’ora. Evviva, un pomeriggio intero buttato nel bidone. Così ci siamo messi lì buoni buoni ad aspettare in tenda, sotto una pioggia battente. Non riesco davvero a immaginarmi cosa poteva esserci al Kumbh Mela se già quando il sole spaccava i sassi si doveva camminare su una melmosa poltiglia…

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    India

    Il grande Bagno rituale… Nel cuore del Kumbh Mela

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    La sveglia è puntata sulle due del mattino. LE DUE. Del mattino. Il bello del Grande bagno rituale comincia verso le 3:30/4 e noi, al campo, dobbiamo anche arrivarci. Quando la sveglia suona per un attimo penso se è uno scherzo e se ha senso. Mi vesto con tutti i vestiti che trovo in giro, ci facciamo caricare dallo shuttle bus (non c’è tutto il giorno ed è lì bello pronto alle 2:30 del mattino?) e andiamo. Read more

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    India, Viaggi

    Kumbh Mela, girovagando

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    Off. La seconda mattina del Grande Kumbh Mela ce la prendiamo così, a riprenderci, a riposare un attimo le ossa rotte dalla macchina che ci ha sballottato per giorni e i piedi gonfi e un po’ martoriati dai chilometri quotidiani. Soprattutto tra la sabbia in riva al Gange.

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    India, Viaggi

    Khajuraho il sito archeologico più porno che c’è

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    Non sto esagerando. Sono seria. Khajuraho (nella regione del Madhya Pradesh) un piccolo paesino, inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO dall’86, è un concentrato di templi (85 templi alcuni per divinità giainiste, e tutti gli altri dedicati ai soliti noti Brahma, Vishnu, Shiva). Essi si dividono in tre gruppi di cui quello occidentale costituisce il più famoso, anche grazie alla presenza del tempio Kandariya Mahadev, che rappresenta l’edificio templare dedicato a Shiva più grande e superbo di Khajuraho, con una torre alta oltre 30 metri. E queste sono le informazioni tecniche. La parte divertente è un’altra. Read more

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    India, Pensieri qua e là, Viaggi

    Orchha e dintorni

    Come si fa a spiegare l’India?

    Ogni giorno che passa mi rendo sempre più conto che tutto quello che mi era stato detto era veritiero, ma talmente lontano dalla realtà che sto vivendo da realizzare soprattutto la difficoltà di spiegare cosa c’è in questa parte del mondo. E’ come spiegare un’alba a un cieco.

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    L’India è fatta di strade rotte e impraticabili che ti spaccano la schiena quando i chilometri da fare sono tanti, di case di eternit e mattoni senza calce, di bambini che sembrano adulti e adulti che sembrano vecchi, di vacche e bufali che girano tranquillamente per i paesi senza che nessuno li disturbi, di gente che mangia alle bancarelle e beve da un secchio comune, di bagni più sporchi di quelli cinesi, di alberghi con coperte sudice e lenzuola discutibili, di autobus che vanno in pezzi con i finestrini che si aprono su spranghe di ferro, di montagne di spazzatura ad ogni angolo, di pile di dischi di escrementi che loro usano per costruire e per scaldarsi, di occhi di anziani sempre pieni di cataratta, di mani continuamente tese, di santoni che curano gli ascessi con rituali magici e preghiere.

    Eppure…

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    Non è retorica ma dell’India, se sei predisposto, ti innamori all’istante. Perché è fatta di sari colorati, di ragazze che si nascondono timide dietro i veli, di interi villaggi che ti corrono incontro per farsi fotografare, di bambini che giocano ancora con una ruota di bicicletta e un bastone, di gente che ti offre il cibo se ti vede incuriosito, di templi, di negozi incasinati, di pile perfette di frutta, di succo di mango, di piccole comunità che ti fanno rendere conto di quanto siamo diventati aridi e solitari nel nostro mondo. E ovviamente, a me è successo. Sono anni che la sogno e paradossalmente non sta deludendo le mie aspettative. Nonostante i miei ultimi viaggi siano stati in posti fin troppo civilizzati con tratti futuristici. Qui sei fuori dal tempo, condividi i samosa con gente che ancora va a prendere l’acqua al pozzo e per cui le tapparelle elettriche sarebbero qualcosa di magico e allo stesso tempo ti accorgi che tra di loro ci sono persone che hanno delle eccellenze tali da poter mettere in ginocchio paesi occidentali in cui tutti girano con l’iphone in mano. E non capisci come possano convivere questi due mondi estremi. Non pretendo di capire l’India, non potrei e non ci sto riuscendo. Avrei bisogno di tempo, insegnamenti, pazienza. Mi limito ad assaggiarla. Come un samosa offerto da Dave-guido-come-un-pazzo-ma-non-ho-mai-seccato-nessuno.

    Nel casino totale di paesini lungo la strada arida (dove oltretutto ci becchiamo anche un camion ribaltato) che parte da Gwalior il paesaggio comincia a cambiare, fino ad arrivare a una splendida oasi: Orchha.

    “Il gioiello del Madhya Pradesh”, “l’anima dell’India”: si può trovare qualsiasi definizione dell’antica capitale del Bundelkhand, e direi a ragione vista la meraviglia che ti si presenta davanti. Prima di tutto c’è una fiorente vegetazione, che dopo aver visto terra secca perkm non fa mai male.IMG_0788

    L’albergo tutto in stile coloniale ha un fascino incantevole: ci mettiamo a prendere il sole in piscina per un po’, ci gustiamo il pranzo e ci riposiamo un po’ per rallentare i ritmi. E poi al pomeriggio a vedere la cittadella e il forte.

    Il palazzo Raja Mahal è ancora una volta incantevole, affacciato su un cortile interno perfettamente conservato (è stato eretto tra il 1531 e il 1539). Curioso il fatto che ai piani alti non ci fosse nessuna ringhiera di sicurezza e ci fossero buchi da cui uno poteva tranquillamente cadere.

    Dopo la visita del palazzo e della old Town siamo andati nella piazza del paese, e lì è stato delirante. A parte una bambina di circa due anni che mi si è aggrappata a una gamba e non c’era verso di sganciarla, è stato davvero strano. Camminavo e lei lì, con la sua gonnellina di tulle blu e i sui occhi truccati di nero mi guardava dal basso verso l’alto senza mollare neanche per un secondo né la gamba né i pantaloni. Fuori dal tempio una cerimonia, con tutta probabilità un matrimonio. Celebrato sul muretto fuori dall’edificio, i due sposini cantavano la litania con il tizio che celebrava, schizzavano acqua su un fascio di erbetta, fiori qua e là. E poi gente, in ogni angolo. Non so neanche quante volte mi sono sentita tirare la maglietta per fare una foto. Loro si divertono a rivedersi nello schermo, a mettersi in posa con tutta l’allegra combricola.

    Ho comprato dei dolci perché già ne sono drogata a casa, figuriamoci qui come devono essere… diversi tipi tutti ordinati nella loro scatolina (mi fanno impazzire, sono un macello e un disastro totale nel loro modo di vivere, però su alcune cose, come mettere i dolcetti nel cartoncino o sulle registrazioni alberghiere, sono maniacalmente ordinati), li ho assaggiati, medio-buoni, li ho rimessi in borsa. Un bambino tirandomi per la borsa li ha visti e ha cominciato a indicarli, oltre che a chiamare tutti i suoi amici.

    Visto che di zuccheri non ne ho bisogno e che il mio volume sta chiaramente aumentando, ho aperto la scatola in mezzo a una marea di bambini. Mi hanno letteralmente assalita.

    Tutti a spingere per prendere quanti più dolci possibili e infilarseli in bocca. Mi è salito un magone in gola difficile da spiegare. In quei momenti ti senti solo l’occidentale che si può permettere tutto.

    Sentirsi fondamentalmente di merda e aver voglia di aiutare tutti… e avere la coscienza di non poterlo fare.

    Straziante. Ed è ugualmente incredibilmente bella.

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    India, Viaggi

    L’alba perfetta e tappa a Gwalior

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    Dopo pochi giorni in India ti accorgi di un paio di cose.
    Numero uno: secca o non secca almeno una cacca al giorno la pesti.
    Numero due: quando ti soffi il naso è come essere a inquinolandia e uscirà sempre nero.
    Numero tre: qualcuno avrà sicuramente tossito sul vostro naan.
    Numero quattro: non esiste il silenzio. Proprio non c’è. Se non c’è musica o litanie musulmane ci sono i clacson, i rumori della strada… Non c’è un attimo per far riposare le orecchie.

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