Direzione Palm Springs. Le mie reminescenze giovanili dicono yeeeee, perchè è proprio lì che Kelly Donna e gli altri ricchi di Beverly Hills 90210 andavano a farsi i weekend fuori porta. Lo dico subito e faró la mia classica figura da “geograficamente problematica”: io ero convinta che a Palm Springs ci fosse il mare. Sai, “primavera”… “sorgenti”… quando mi sono accorta dov’era sono stata molto zitta. E sono sicura che non sono l’unica a ricordarsi che Dylan andasse a surfare da quelle parti (anche se qui al manssimo si può fare rock ski visto che c’é deserto qui, lí e lá).
Partiamo belli carichi ma io necessito sempre e comunque un caffè e, possibilmente, qualcosa di dolce: è domenica mattina, dai, si puó.
Paola Annoni
Mamma se ti stai chiedendo se davvero ho cominciato a fare degli assaggi di vino alle nove del mattino la risposta è si. Papà lo so che sono il tuo orgoglio. E si, è così, il primo (ottimo) assaggio di vino è stato fatto all’ora di colazione. Tanto in Italia era orario di aperitivo e il fuso non l’ho proprio smaltito. Di seguito elenco con dettagli.
Muir woods e Point Reyes… La natura si rivela!
Sveglia dalle 5:30. Devo prendere il giro giusto e far capire al mio organismo dove sono dislocata se non voglio crollare alla 5 di sera perchè il mio corpo si ostina a farmi crollare dal sonno come se fossero le 2 del mattino, poco male visto che la visita ai parchi é molto meglio farla presto, come in tutte le cose, meno gente c’é, meglio é. Ok, a parte ai concerti che fa molta tristezza. Arriviamo a Muir Woods intorno alle 7:50 del mattino e un gentilissimo ragazzone che assomiglia all’amico pellerossa di Renegade (o è Chuck Norris ad avercelo?) vestito con la divisa del parco, ci comunica che l’ingresso fino alle 9 è gratuito se vogliamo. Cioè, la persona che ti vende i biglietti che ti dice come non pagare! Fantastico, davvero. Parcheggiamo nello spiazzo vicino all’ingresso (oltretutto, ho letto ovunque che questo parcheggio è sempre stracolmo e bisogna parcheggiare a circa 100 metri dall’entrata), senza traffico di pulman, auto e pedoni. Più comodo di così…
Il parco è sorprendente: sarà che è il mio primo parco nazionale, sarà che le luci e l’aria fresca del mattino mi piacciono da sempre, sarà che non c’è nessuno… Ma ti senti davvero parte della natura!
If you’re goin’ to San Francisco Be sure to wear some flowers in your hair
Ok, non mi sono persa e non ho abbandonato il blog, ho solo avuto un po’di problemini tipo.. Mi hanno rubato il pc (oltre che la Canon, l’ipod lo zaino e tutto il resto.. Ladri di merda!) oltre a ritrovarmi ancora una volta a scrivere sull’iPhone, aver avuto il morale sotto i tacchi per qualche giorno e non avere piú una foto. Ma eccomi!
Il post é lungo e un po’elencativo, ma il giro é stato intenso! Arrivano aggiornamenti!:)
Tra un viaggio e l’altro si fanno anche esperienze a casa, e anche a casa si possono scoprire mondi interi che sono sempre rimasti lì, in attesa, pazienti. Uno di questi mondi per me era Bruce Springsteen e la sua musica. Un mondo che, finalmente, dopo il concerto di Trieste, si è schiuso.
“It aint no sin to be glad you’re alive”
Non è che non so nulla di musica, ho solo dei buchi. Buchi grandi come voragini su Marte, ma buchi. Sono cresciuta a pane Elvis e Beatles, il mio lettore si rifiuta di far girare ancora Paint it Black e Battisti era l’unico che riusciva a farmi addormentare. In senso buono, ovvio. E poi nulla. A parte una passione nata nell’adolescenza per i Metallica. Un po’ di spazzatura qua e là, schifezze da radio, roba che si ascolta in piscina d’estate.
E poi arriva lui, no, non Bruce. E’ arrivato l’uomo che si è fatto largo e ha piazzato il suo sedere occupando tutto lo spazio nel mio cuore. E lui, si, è uno springsteeniano, che troppo spesso e poco volentieri mi imponeva degli “ascolta questa, leggi il testo”, per poi inversare gli angoli della bocca all’ingiù e sentirmi dire “a me sta roba non piace”. Mi ha dedicato canzoni, le ha messe come sfondo a serate romantiche, è arrivato a togliermi la mia roba dall’ipod per imporre la sua “perché ti devi fare una cultura musicale”, e tutto quello che è riuscito ad ottenere è stato un litigio.
E poi, la soluzione finale, probabilmente memore della celebre frase “Nel mondo ci sono solo due tipi di persone: quelle che adorano Bruce Springsteen e quelle che non l’hanno mai visto in concerto”, mi ha comprato un biglietto. “E se poi non ti piace lascio perdere.”
E poi lui. Lui, Bruce. Sale sul palco, lo stadio esplode, lui sorride. Mi ha già fregata.
Mi sono DIVERTITA. Dietro di me c’era un tizio che spiegava alla neo morosa (dev’essere per forza una roba fresca perché nessuna donna può sopportare uno così per più di due settimane) tutto quello che doveva fare: alza le mani così, fai cosà. Questa canzone significa questo e quest’altro. Ma lasciala ballare! Io sono stata abbracciata e poi “lasciata alla transenna”, e le mie gambe non sono state ferme un attimo. Oltretutto era impossibile fare altrimenti accanto a due scatenate che stanno seguendo tutti i concerti in giro per l’Europa. Fino a ieri ho detto “che voglia che hanno di vedersi magari 10 concerti”, ieri sera ho chiesto “ma coma fanno col lavoro?”.
E poi la carica di Working On The Highway e Born to Run, la gioia di cantare Rosalita per una ragazza che l’ha chiesta per “ma and pa”, e la dolcezza di The river, che ti fa solo voglia di farti prendere per mano e lasciarti vivere.
Mio padre, appena tornata a casa mi ha chiesto come era stato, come era andata, e io a parte un banale e ridicolo “bellissimo”, non sono riuscita a elaborare niente di più.
Ho fatto pace con Bruce, con Rosalita, Frank e Joe, Mary, Sally e tutti quei personaggi delle sue storie che adesso cominceranno a far parte della mia.
Bruce, ce l’hai fatta, hai fregato anche me.
Tu e quegli springsteeniani che hanno il vizio di contagiare tutti col tuo “verbo”. Adesso, almeno, capisco perchè.
E quando apri gli occhi e sai che si, quello è l’ultimo giorno, che è la penultima notte che dormirai in un letto non tuo, dopo che di letti ne hai cambiati quasi uno ogni notte per 50 giorni, che dovrai tornare a vivere la tua vita,guardare sempre la stessa parete ogni volta che stai per chiudere gli occhi…è dura. Molto dura. Il tempo ricomincia quando sei a casa, perchè il tempo del viaggio, almeno io, l’ho sempre vissuto come tempo sospeso, lontano dalla realtà, come se tutto si fermasse in attesa del
Sono stata una pendolare per anni. Il che significa che ho vissuto sulla mia pelle ore di tempo vissute con pazzi scriteriati, puzzolenti esseri con la grandiosa mania di togliersi le scarpe e impestare intere carrozze, maniaci sessuali, intere famiglie di bambini urlanti, gente che racconta tutti i suoi affari al telefono ad un volume così alto che potrebbero tranquillamente posare il cellulare e farsi sentire, ovunque l’interlocutore fosse dislocato.