Austin, la capitale del Texas, è una delle mie città del cuore. E’ bellissima, vivibile, appena fuori dalle vie del centro ci sono già casette con giardino e boschetti. E’ un grande paesone che sta diventando una piccola SiliconValley ma con i food truck ad ogni angolo e i BBQ che gareggiano come i migliori del Texas. Ma oggi siamo usciti dalla città, e quindi: cosa fare nei dintorni della capitale Texana?
Siamo partiti presto perché le tappe segnate erano molte, prima di tutte: Hamilton Pool Preserve.
A circa 40 minuti di macchina dalla città, si trova questo curioso simil cenote (una pozza d’acqua “sfondata” nel terreno, per dirla brutalmente e in maniera semplicistica), dall’acqua cristallina.
Per entrare paghi 15$ a macchina (ammazza!) , ma ormai eravamo lì e cosa fai, non entri?
La passeggiata che porta alla cascata e alla vasca in cui di solito si può fare il bagno è semplice e di circa 400 metri, solo può essere scivolosa. E’ bellissimo, ma la luce la mattina è contraria al rispetto alla parte in ombra, quindi sarebbe ideale la luce del pomeriggio. La folla che popola il bordo della vasca è incredibile. In effetti è così bella e trasparente che ti viene voglia di buttarti, se non fosse che ci hanno avvisato in almeno 4 che non si può fare il bagno e che ho visto un ragazzo con una scatola ed un barattolo con scritto sopra “campioni acqua, rischio batteriologico”. Bene, puoi fare un bagno in stile ritorno alla laguna blu ma al posto del biondo ricciolino ti porti a casa l’escherichia coli.
Torniamo al parcheggio e lo spettacolo è sbalorditivo: una fila infinita di macchine che neanche se ci fosse il KFC gratis porterebbe tanta gente. Forse le attrattive naturali scarseggiano nella zona e quindi, quelle poche che ci sono, diventano meta di tutti. Sul sito raccomanda la prenotazione, io consiglio di andare molto presto la mattina.
E se non si fa trekking da queste parti cosa si fa? Si mangia!
Abbiamo impostato sul navigatore il tour dei migliori barbecue della zona e ci siamo imposti di provare poco di tutto. E’ uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo, no?
Partiamo dal Salt Lick. Darei un 10 all’ambientazione: tavoloni, lucine, caldino, camino a vista con appese salsicce a cui manca solo mia nonna di fianco. Ti servono al tavolo ragazzi gentili con il nome appiccicato addosso come se fossero ad uno speed date dei mangiatori anonimi di costine.
Come ai sushi all you can eat (dove io metodicamente mangio solo sushi e sashimi) ci imponiamo la regola di “solo carne, niente altre cose che ci riempiono la pancia inutilmente”. Prendiamo mezza libra di costine e di salsiccia fatta in casa. Perplessa guardo il cameriere quando ci porta praticamente una tonnellata di salsiccia e 4 costine grosse, caramellate e molto sode. Salsiccia voto 8 costine 8 ½. Quando ci porta il conto ci rendiamo conto che ci ha portato una intera libra di carne per tipo, quindi il principio di “poco dappertutto” va subito a farsi benedire. Abbiamo già mangiato [non voglio tradurre in grammi la dose di carne] alle 10:55 del mattino. Alla faccia della colazione.
Proseguiamo il nostro giro nella natura aspra e “colline verdi ma mica tanto”e cerchiamo di smaltire almeno una mezza ribs andando a visitare il Jacob’s Well, un altro curioso “buco nell’acqua” cristallina del fiume. Curioso perché esce l’acqua dal buco dal blu intenso, orribili le foto perché sembrano le foto fatte ad una pozzanghera qualunque.
Smaltite 6 calorie in tutto dal parcheggio al punto di interesse e viceversa. Siamo ad un parziale di + [non voglio scrivere il numero delle calorie perché ho controllato sul sito calorie.it e mi è preso un mezzo infarto]. Smaltite, 12.
Continuiamo con l’itinerario e andiamo alla scoperta della cittadina di origine tedesca chiamata Gruene (che non si legge alla tedesca ma viene chiamata Green, come il colore).
Riassunto della storia della città
1840 Ernst Gruene arriva a New Braunfels, ma non c’era abbastanza posto per loro per coltivare i campi (EH?), quindi, lui la moglie Antonietta acquistano un terreno lungo il fiume Guadalupe e costruiscono la prima cosa in stile tedesco. Piantano cotone, arriva altra gente, famiglie arrivano per lavorare, si crea la comunità: negozi, scuole, sala da ballo. La chiamano Gruene perché sarebbe stato un po’ da stronzi chiamarla con un altro nome tipo “Cottonland” o “Germatown”.
Nel 1900 la cittadina è fiorente, ha addirittura due stazioni ferroviarie. Ma nel 1922 la sgranatrice per il cotone originale (e manuale) brucia e viene sostituita da una macchina elettrica, aggiungici il coleottero proveniente dal Messico che ha devastato le piantagioni negli anni ’20, la grande depressione e chi più ne ha più ne metta, la città inesorabilmente muore e negli anni ’50 diventa una città fantasma.
Nel 1974 Chip Kaufman, uno studente di architettura di Austin “riscopre” la cittadina e i suoi splendidi edifici, cerca di convincere del valore della cittadina gli investitori che volevano rilottizzarla abbattendo tutto e costruendo condomini e facendola inserire nel Registro Nazionale dei luoghi storici.
Cominciano così a restaurarla in ogni dettaglio, partendo dalla celebre Concert hall dove hanno suonato grandissimi artisti (e continuano a farlo): curiosa una locandina appesa nel general store datata 1985. Un grande concerto di beneficenza per aiutare i contadini, con il supporto di Willie Nelson, Bob Dylan, John Mellencamp e gente così, per capirci.
Oggi pomeriggio era così piena di gente che sembrava esserci un concerto di Springsteen in serata.
Da non perdere assolutamente: il general store, un giretto nel prato e dentro al ristorante Gristmill.
Perdeteci un’oretta.
Passaggio per New Braunsfeld. Nulla da segnalare.
Il nostro obbiettivo è Lockhart, la capitale texana (americana? Mondiale?) del BBQ, dove se sei su quattro zampe è meglio se cominci a guardarti in giro per trasferirti altrove.
Prima tappa, Smitty’s Market.
All’ingresso un gigantesco affumicatore e un camino che va all’impazzata ti accolgono insieme a personaggi quantomeno insoliti. Una ragazza tatuata poco gentile e un macellaio dal grembiule zozzo che ti taglia la carne.
Allora: stare tutto il giorno davanti ad un affumicatore in una stanza buia ad affettare della carne è decisamente un lavoro logorante, ma quando ho visto il macellaio giocare con il punteruolo contro la sua spalla mentre guardava nel vuoto, mi sono un attimo preoccupata. Cioè, aveva davanti 4 coltelli e un machete.
Va beh, prendiamo la nostra carne e ci spostiamo nella grande sala dai tavoloni di legno. Costine ottime, morbide e non troppo affumicate.
Proseguiamo. Black’s.
Si entra e c’è una specie di self service per i contorni (1.99 $ a porzione), ti metti in coda, ti guardi in giro e aspetti che venga il tuo turno. Sul ceppo ci sono diversi tagli di carne, tra cui delle costine GIGANTI di manzo (costo circa 13$ la libra, quindi più o meno, l’una). Erano così grosse che mi sono chiesta seriamente se non fossero di bisonte.
Ma noi siamo metodici, quindi si prendono le costine e la salsiccia (in questo caso all’aglio).
Il locale è davvero bello, ruspante e con angolini in legno (i cosiddetti boot) adorabili, che abbinati alle tovaglie a scacchi (con la plastica sopra, ovviamente, altrimenti l’unto avrebbe fatto sciogliere anche il tavolo) creano un’atmosfera da “BBQ in Texas proprio come te lo immagini”.
Sto scrivendo col senno di poi, quindi lo dico subito. Queste hanno vinto tutto. Rosa, sode, non grasse, buonissime.
La salsiccia sapeva pochissimo di aglio, non si sbriciolava e ne avrei mangiate circa altre 20. Prezzo onesto.
Ci spostiamo al Kreuz market per l’ultima tappa del tour dei mangiatori di costine. Documentata nel video si vede la mia delusione senza precedenti all’affermazione “sorry, we’re out of ribs”, che neanche se mi avessero detto che era crollata la tour Eiffel ci sarei rimasta così male.
Optiamo per il brisket e una salsiccia. Buoni ma la delusione è cocente. Curioso che qui non esistano le forchette, quindi ti mangi tutto con le mani, anche una fetta di carne così che… Beh, dai, quella almeno la mangerei con una forchettina. Salsiccia buona, non memorabile.
L’ambiente spartano e veramente enorme. Con la mia solita grazia ho fatto cadere un barattolo di salsa piccante che è rovinosamente caduto a terra, esplodendo e sparpagliando salsa verde per circa 1 km quadrato. Che figura da cioccolatino.
Finita la nostra merenda del campione ci avvicina un tizio, sottovoce ci guarda e dice “non ci siamo già visti prima? Eravate da Black’s, eh?”. Io ovviamente comincio già a pensare a CIA ed FBI, a presentare la partita iva e la patente e al motivo perché ci sta facendo questa domanda.
“Quale BBQ è meglio?”.
“Per noi Black’s, Sir”
“Bravi, anche secondo me”
Risata.
Quindi è normale farsi quattro BBQ in un giorno per fare il confronto. Sappiatelo.
Ritorniamo sulla strada di Austin per una doccia, per bruciare le magliette che sanno di affumicato e prepararci alla serata di concerti.
Al SXSW ci sono centinaia di concerti, ma la maggior parte sono riservati a coloro che hanno il pass per tutta la settimana, quindi ripieghiamo su un concerto consigliato da un amico, i Banditos, in un locale storico di Austin, il Continental (aperto negli anni ’50 e ancora in attività con quell’aria vintage che ci sta sempre).
Bravi, a parte la cantante che sprizzava un’antipatia mai vista. Voce super, ma cercava di scimmiottare Janis Joplin aggiungendo Aretha Franklin e Nina Simone. Il risultato era l’appeal di un’Iva Zanicchi a Ok il prezzo è giusto quando sgridava la gente.
Ci fermiamo per il concerto dopo, gli Yawkers, un gruppo rock del Colorado. Davanti a noi uno con la maglietta dei Portland Trailblazers, gli occhiali da sole e un cappello da nonna continua a saltellare e a urlare (concerto non ancora iniziato eh).
Parte il concerto. Pensavo fosse uno scherzo. Il cantante dall’aspetto tenerello (e una strana somiglianza a Umberto Smaila e Pablo Escobar) comincia ad urlare con voce acuta e allo stesso tempo brutale. Duriamo tre canzoni. Lasciamo il locale e facciamo due passi nella notte di Austin.
Ci ritroviamo davanti il tipo di Portland che fa l’autostop e sale poi su un taxi pieno di gente. Ma non era il fan numero uno?
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